Denominazioni:
Commissione provinciale per le sanzioni contro il fascismo, 1944 - 1946
Commissione provinciale per la punizione dei delitti compiuti durante il fascismo, 1944 - 1946
In base all'art. 29 dell'armistizio di Malta (anche detto armistizio lungo) del 29 settembre del 1943, Benito Mussolini, i suoi più importanti collaboratori e i criminali di guerra dovevano essere consegnati alle Nazioni Unite, mentre il governo italiano si impegnava in un'azione interna di epurazione, con il licenziamento e l'internamento del personale fascista.
Le prime disposizioni in merito emanate dal governo Badoglio, r.d.l. 29 dic. 1943, n. 29/B, Defascistizzazione delle amministrazioni statali, degli enti locali e parastatali, affidavano gli interventi di epurazione alla pubblica amministrazione e non ai partiti antifascisti e non contenevano alcun riferimento ai fascisti della Repubblica sociale italiana - RSI; il decreto, non concordato con gli Alleati, venne comunque accettato ed esteso alle parti di territorio sotto controllo alleato.
[espandi/riduci]Con il nuovo governo Badoglio - che incluse anche socialisti, azionisti e comunisti - venne approvato il r.d.l. 26 maggio 1944, n. 134, Punizione dei delitti e degli illeciti del fascismo, che istituì l'Alto commissariato per la punizione dei delitti e degli illeciti del fascismo, introdusse la pena di morte, allargò l'area dei punibili e punì i delitti contro "la fedeltà e l'onore militare" commessi dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. L'Alto commissariato svolgeva indagini e avviava procedimenti giudiziari, mentre il giudizio spettava a tribunali speciali stabiliti presso le corti di appello.
Dopo la liberazione di Roma (giugno 1944), con il governo Bonomi venne emanato il d.lgs.lgt. 27 lug. 1944, n. 159, Sanzioni contro il fascismo, con cui venne istituita - al titolo primo - l'Alta corte di giustizia per i membri del governo fascista e per i gerarchi del partito fascista, con potere di comminare l'ergastolo e la pena di morte; si stabilì altresì che corti di assise, tribunali e preture giudicassero gli atti di violenza del fascismo compiuti a partire dal 1922, mentre spettava sia alla giustizia ordinaria che ai tribunali militari la cognizione di crimini e atti di collaborazionismo compiuti dopo l'armistizio, puniti comunque in base al Codice militare di guerra. Era previsto il ricorso a una Sezione speciale della Corte di cassazione. L'Alto commissariato, ora denominato per le sanzioni contro il fascismo, poteva promuovere l'azione per i delitti deferibili all'Alta corte di giustizia, presso cui svolgeva funzioni di pubblico ministero.
Il decreto disciplinava in maniera distinta l'epurazione dalle amministrazioni pubbliche dalle sanzioni per reati fascisti o per fatti particolarmente gravi, che tuttavia non si configurassero come reati. L'art. 18 istituì le Commissioni di epurazione da attivarsi presso ogni ministero o amministrazione o ente autonomo per il personale che avesse prestato servizio nell'amministrazione civile e militare; in base allo stesso articolo furono istituite anche le Commissioni provinciali di epurazione per il personale dei comuni, delle province, degli enti di beneficenza e altri enti sottoposti a controllo dell'amministrazione locale.
Per quanto attiene alle sanzioni, invece, l'art. 8 istituì le Commissioni provinciali per la punizione dei delitti compiuti durante il fascismo anche denominate Commissioni provinciali per le sanzioni contro il fascismo. Tali Commissioni erano presiedute da un magistrato e costituite di altri due membri scelti a sorte nella lista dei giudici popolari. Emanavano provvedimenti di interdizione temporanea dai pubblici uffici o privazione dei diritti politici nei confronti di chi per motivi fascisti avesse compiuto fatti di particolare gravità contrari a norme di rettitudine o di probità politica, ma tali da non configurarsi come reati. La sospensione dei diritti politici venne estesa con d.lgs.lgt. 4 gen. 1945, n. 2, a tutti coloro che avessero ricoperto cariche direttive nel Partito nazionale fascista.
Con d.lgs.lgt. 13 set. 1944, n. 198, furono ulteriormente disciplinate l'Alta corte di giustizia e le Commissioni provinciali per le sanzioni contro il fascismo, che adottavano i provvedimenti di loro competenza su richiesta dei procuratori del Regno o dell'Alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo; il presidente delle Commissioni era nominato con decreto del Ministero di grazia e giustizia; l'estrazione a sorte degli altri due membri tra i giudici popolari era fatta secondo le disposizioni delle Corti di assise. La Commissione, prima di adottare i provvedimenti, doveva sentire l'interessato, che poteva farsi assistere da un difensore. Contro i provvedimenti delle Commissioni era ammesso ricorso in cassazione.
Con il d.lgs.lgt. 10 dic. 1944, n. 419, che modificava gli istituti dell'ammonizione e del confino, venne anche affrontato il tema delle misure di polizia: il decreto introdusse modifiche al Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931 per il confino e l'ammonizione. Il confino venne mantenuto per coloro che svolgessero o avessero manifestato volontà di svolgere attività rivolta a sovvertire violentemente gli ordinamenti politici, economici e sociali costituiti nello Stato o a contrastare o ostacolare l'azione dei poteri dello Stato. Venne altresì modificata la composizione delle Commissioni provinciali e della Commissione di appello per le decisioni in merito al confino e all'ammonizione.
Il d.lgs.lgt. 26 apr. 1945, n. 149, sull'applicazione di sanzioni a carico dei fascisti politicamente pericolosi, richiamava all'art. 2 le funzioni delle Commissioni provinciali per le sanzioni contro il fascismo e le disposizioni del decreto 198/1944. Contro le decisioni delle Commissioni provinciali era ammesso appello ad una Commissione centrale di appello presieduta da un magistrato e composta di quattro membri. Misure di sicurezza (colonie agricole e case di lavoro), confino, ai sensi dell'art. 180 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS, approvato con r.d. 18 giu. 1931, n. 773) o campi di internamento furono previsti, all'art. 3, per chi avesse tenuto condotta ispirata a metodi e malcostume del fascismo e continuasse in tali comportamenti risultando pericoloso all'esercizio delle libertà democratiche. Tali misure, estese anche a chi favorisse il risorgere del fascismo, furono adottate dalle Commissioni indicate all'art. 166 del TULPS e modificate dall'art. 2 del d.lgs.lgt. 10 dic. 1944, n. 419. Contro le decisioni di queste Commissioni era ammesso appello ai sensi dell'art. 184 del TULPS, modificato dall'art. 2 dello stesso d.lgs.lgt. 10 dic. 1944, n. 419. Le Commissioni provinciali di cui agli artt. 2 e 3 - cioè sia quelle per le sanzioni contro il fascismo che quelle previste nel TULPS - decidevano d'ufficio, su denuncia dell'Alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo o suoi delegati o degli organi di polizia, anche su segnalazione dei Comitati di liberazione nazionale (CLN). L'immediato arresto per i fatti di cui all'art. 3 spettava a entrambe le citate Commissioni provinciali, all'Alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo, ai Procuratori e ai Questori.
Con d.lgs.lgt. 5 ott. 1945, n. 625, vennero unificati per tutto il territorio nazionale gli organi e le procedure per la repressione dei delitti fascisti. Le Corti straordinarie di assise si trasformano in Sezioni speciali di corte di assise che dovevano durare un anno. L'Alta corte di giustizia, istituita con decreto 159/1944, restò in funzione solo per l'espletamento dei giudizi di decadenza dei senatori, portando a termine, rispetto ai precedenti compiti, solo i giudizi per i quali fosse già in corso il dibattimento. Il decreto, per i territori non ancora restituiti all'Amministrazione italiana, sarebbe entrato in vigore quando fosse reso esecutivo dal Governo militare alleato.
Con d.lgs.lgt. 8 feb. 1946, n. 22, le attribuzioni dell'Alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo furono devolute alla Presidenza del consiglio dei ministri.
Il successivo d.lgs.lgt. 12 apr. 1946, n. 201, raccolse in un testo unico le disposizioni per la punizione dei delitti fascisti e per la repressione delle attività fasciste, stabilendo che i delitti previsti dai decreti 159/1944, 142/1945 e 195/1945 fossero disciplinati dal decreto stesso. L'art. 13 modificò l'art. 5 del decreto 149/1945 e stabilì che il pubblico ministero presso le Sezioni speciali di corte di assise dirigesse, coordinasse e vigilasse sull'applicazione delle sanzioni a carico dei fascisti politicamente pericolosi. Le Commissioni provinciali di cui agli artt. 2 e 3 di quel provvedimento (quelle per le sanzioni contro il fascismo e quelle previste dal TULPS) decidevano d'ufficio o su denuncia del pubblico ministero delle Sezioni speciali di corte di assise, del procuratore del Regno o degli organi di polizia. Tali Commissioni potevano ordinare l'arresto. Dovevano essere denunziati alle Commissioni provinciali previste dal TULPS coloro che avessero fatto parte delle Brigate nere o altre formazioni con funzioni politico militari, fatte salve le responsabilità penali per i fatti costituenti reato. Definì anche le competenze del Pretore, del Tribunale e delle Sezioni speciali di corte di assise, secondo le norme ordinarie di procedura, per i delitti e la repressione delle attività fasciste previste nei precedenti decreti e per i quali era esclusa la competenza dei Tribunali militari, salvo situazioni particolari. Definì, infine, le competenze delle Sezioni speciali di corte di assise e le procedure per il ricorso in cassazione.
Con decreto presidenziale 22 giugno 1946, n. 4, venne approvata un'amnistia (nota come amnistia Togliatti) che prevedeva condono o commutazione della pena per reati comuni punibili fino a cinque anni e per reati politici, compresi quelli di collaborazionismo con il nemico, e per i reati commessi nel Regno del Sud dopo l'8 settembre 1943 e dopo l'inizio dell'occupazione militare alleata; includeva anche reati previsti dal decreto 159/1944, e dal decreto 142/1945. Lo scopo dell'amnistia era di arrivare ad una pacificazione nazionale dopo gli anni di guerra civile e le violenze dell'immediato dopoguerra.
Con d.lgs.c.p.s. 2 ago. 1946, n. 59, venne modificata la composizione della Commissione centrale di appello per le sanzioni contro il fascismo e venne stabilito che, ove risultasse necessario, potevano essere istituite Sottocommissioni.
Il d.lgs.c.p.s. 11 ottobre 1947, n. 1076, stabilì circa le sanzioni a carico dei fascisti politicamente pericolosi, di cui agli artt. 1 e 3 del decreto 149/1945, che i relativi provvedimenti potessero essere adottati fino al 30 giugno 1948. Parallelamente, con d.lgs. 7 febbraio 1948, n. 48, vennero dettate norme anche per l'estinzione e per la revisione dei provvedimenti di epurazione già adottati, cui si aggiunsero disposizioni integrative con l. 14 maggio 1949, n. 326. Infine con d.p.r. 19 dic. 1953, n. 922, si previde l'amnistia per vari reati, tra cui quelli concernenti la violazione della disciplina dei consumi di guerra, prevista dal r.d.l. 22 apr. 1943, n. 245, e successive modifiche, e la diffamazione a mezzo stampa; si previde l'indulto per reati politici commessi dall'8 settembre 1943 fino al 18 giugno 1948, nonché per quelli inerenti a fatti bellici commessi da coloro che fossero appartenuti a formazioni armate.
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- Santolamazza Rossella, redazione centrale SIAS, 2021/07/01, revisione