In base all'art. 29 dell'armistizio di Malta (anche detto armistizio lungo) del 29 settembre del 1943, Benito Mussolini, i suoi più importanti collaboratori e i criminali di guerra dovevano essere consegnati alle Nazioni Unite, mentre il governo italiano si impegnava in un'azione interna di epurazione, con il licenziamento e l'internamento del personale fascista.
Le prime disposizioni in merito emanate dal governo Badoglio, r.d.l. 29 dic. 1943, n. 29/B, Defascistizzazione delle amministrazioni statali, degli enti locali e parastatali, affidavano gli interventi di epurazione alla pubblica amministrazione e non ai partiti antifascisti e non contenevano alcun riferimento ai fascisti della Repubblica sociale italiana - RSI; il decreto, non concordato con gli Alleati, venne comunque accettato ed esteso alle parti di territorio sotto controllo alleato.
Con il nuovo governo Badoglio - che incluse anche socialisti, azionisti e comunisti - venne approvato il r.d.l. 26 maggio 1944, n. 134, Punizione dei delitti e degli illeciti del fascismo, che istituì l'Alto commissariato per la punizione dei delitti e degli illeciti del fascismo, introdusse la pena di morte, allargò l'area dei punibili e punì i delitti contro "la fedeltà e l'onore militare" commessi dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. L'Alto commissariato svolgeva indagini e avviava procedimenti giudiziari, mentre il giudizio spettava a tribunali speciali stabiliti presso le corti di appello.
[espandi/riduci]Dopo la liberazione di Roma (giugno 1944), con il governo Bonomi venne emanato il d.lgs.lgt. 27 lug. 1944, n. 159, Sanzioni contro il fascismo, con cui venne istituita - al titolo primo - l'Alta corte di giustizia per i membri del governo fascista e per i gerarchi del partito fascista, con potere di comminare l'ergastolo e la pena di morte; si stabilì altresì che corti di assise, tribunali e preture giudicassero gli atti di violenza del fascismo compiuti a partire dal 1922, mentre spettava sia alla giustizia ordinaria che ai tribunali militari la cognizione di crimini e atti di collaborazionismo compiuti dopo l'armistizio, puniti comunque in base al Codice militare di guerra. Era previsto il ricorso a una Sezione speciale della Corte di cassazione. L'Alto commissariato, ora denominato per le sanzioni contro il fascismo, poteva promuovere l'azione per i delitti deferibili all'Alta corte di giustizia, presso cui svolgeva funzioni di pubblico ministero. L'art. 8 istituì le Commissioni provinciali presiedute da un magistrato per provvedimenti di interdizione temporanea dai pubblici uffici o privazione dei diritti politici nei confronti di chi per motivi fascisti avesse compiuto fatti di particolare gravità contrari a norme di rettitudine o di probità politica, ma tali da non configurarsi come reati. La sospensione dei diritti politici venne estesa con d.lgs.lgt. 4 gen. 1945, n. 2, a tutti coloro che avessero ricoperto cariche direttive nel Partito nazionale fascista.
Con il d.lgs.lgt. 13 settembre 1944, n. 198, vennero ulteriormente disciplinate l'Alta corte di giustizia e le Commissioni provinciali, di cui all'art. 8, che adottavano i provvedimenti di loro competenza su richiesta dei procuratori del Regno o dell'Alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo; contro i provvedimenti delle Commissioni era ammesso ricorso in cassazione.
Con il d.lgs.lgt. 10 dic. 1944, n. 419, che modificò gli istituti dell'ammonizione e del confino, venne anche affrontato il tema delle misure di polizia per attività fasciste: il decreto introdusse modifiche al Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931 per il confino e l'ammonizione. Il confino venne mantenuto per coloro che svolgessero o avessero manifestato volontà di svolgere attività rivolta a sovvertire violentemente gli ordinamenti politici, economici e sociali costituiti nello Stato o a contrastare o ostacolare l'azione dei poteri dello Stato. Venne altresì modificata la composizione delle Commissioni provinciali e della Commissione di appello per le decisioni in merito al confino e all'ammonizione.
Verso la fine del 1944 l'attività dell'Alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo segnò il passo e, in conseguenza di contrasti politici in seno al governo, le sue funzioni vennero assunte, nel gennaio 1945, da quattro alti commissari aggiunti, sotto lo stretto controllo del presidente del consiglio. Dopo alcuni eventi gravi, come la fuga del gen. Mario Roatta, condannato dall'Alta corte di giustizia, e l'assalto al Viminale, il governo cercò di imprimere maggiore impulso all'epurazione e alla punizione dei delitti fascisti: si costituì una Commissione interministeriale, composta da Umberto Tupini, Mario Cevolotto, Manlio Brosio e Mauro Scoccimarro, che già alla fine di aprile propose cinque provvedimenti, il più importante dei quali riguardava l'istituzione di Corti di assise straordinarie che potevano operare nei territori ancora occupati dai tedeschi e in altri indicati con decreto luogotenenziale.
Queste Corti dovevano essere stabilite in tutte le province e le preventive indagini erano affidate ai pubblici ministeri. Le Corti di assise straordinarie furono istituite con il d.lgs.lgt. 22 aprile 1945, n. 142. Erano composte di un presidente e quattro giudici popolari e spettava ai Comitati di liberazione nazionale (CLN) la composizione delle liste dei giurati; furono istituite nei capoluoghi di provincia, e Sezioni di esse potevano giudicare in località diverse dai capoluoghi. Lo stesso decreto prevedeva anche l'istituzione di una provvisoria Sezione speciale della Corte di cassazione, con sede a Milano. Le Corti straordinarie di assise erano competenti a giudicare coloro che, dopo l'8 settembre 1943, avessero commesso i delitti contro la fedeltà e la difesa militare dello Stato (art. 5 del decreto 159/1944) con qualunque forma di intelligenza o corrispondenza o collaborazione con i tedeschi e di aiuto o assistenza ad essi prestato. Si ritenevano collaborazionisti coloro che durante la RSI: avessero rivestito cariche di ministro o sottosegretario di Stato o cariche direttive nel Partito fascista repubblicano; fossero stati presidenti o membri del Tribunale speciale per la difesa dello Stato o di tribunali straordinari istituiti dal governo fascista repubblicano; fossero stati capi di provincia o segretari o commissari federali o cariche equivalenti; fossero stati direttori di giornali politici; fossero stati ufficiali superiori in formazioni di camicie nere con funzioni politiche o militari. In caso di più gravi responsabilità le prime due cariche indicate erano punite con pene stabilite dagli artt. 51 e 54 del codice penale militare di guerra mentre negli altri casi si applicava l'art. 58 dello stesso codice. Decorsi sei mesi dall'entrata in vigore del decreto istitutivo, le Corti di assise straordinarie e loro Sezioni e la Sezione speciale di corte di cassazione avrebbero cessato le loro funzioni, che sarebbero passate agli organi giudiziari ordinari.
Parallelamente, con d.lgs.lgt. 26 apr. 1945, n. 195, vennero stabilite le sanzioni penali per l'attività fascista nell'Italia liberata e con d.lgs.lgt. 26 apr. 1945, n. 149, relativo alle sanzioni a carico di fascisti particolarmente pericolosi, si stabilì l'interdizione temporanea dai pubblici uffici o la privazione dei diritti politici per coloro che, per motivi fascisti o avvalendosi della situazione creata dal fascismo, avessero compiuto fatti di particolare gravità che, non configurandosi come reati, fossero contrari a norme di rettitudine e di probità politica. Tali sanzioni erano applicate da Commissioni provinciali presiedute da un magistrato e composte di due membri scelti dal primo presidente della Corte di appello tra i giudici popolari di cui all'art. 4 del decreto 159/1944. Contro la decisione di primo grado si poteva opporre ricorso a una Commissione centrale presieduta da un magistrato e composta di 4 membri nominati a norma dell'art. 3 del decreto 2/1945. Coloro che avessero tenuto una condotta ispirata ai metodi o al malcostume del fascismo o che continuassero in tale condotta, risultando pericolosi per l'esercizio delle libertà democratiche, potevano essere sottoposti a misure di sicurezza quali l'invio a colonia agricola, a casa di lavoro o al confino di polizia: operavano in merito le Commissioni provinciali di cui all'art. 166 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931, modificato dall'art. 2 del citato d.lgs.lgt. 10 dic. 1944, n. 419; contro le ordinanze di queste Commissioni provinciali era previsto appello nei termini dell'art. 184 modificato dall'art. 2 dello stesso decreto 419/1944.
Il d.lgs.lgt. 3 maggio 1945, n. 196, attribuì all'Alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo la facoltà di impugnare le sentenze emanate nella materia dei delitti fascisti per alcuni dei delitti previsti dal decreto 159/1944: tale facoltà era esclusa per i procedimenti previsti dal decreto 142/1945 istitutivo delle Corti straordinarie di assise per i reati di collaborazionismo.
Con d.lgs.lgt. 2 ago. 1945, n. 466, le Corti di assise straordinarie estesero le loro competenze ai reati commessi da militari che, in base alle leggi vigenti, spettavano ai Tribunali militari.
Contesti storico-istituzionali di appartenenza:Profili istituzionali collegati:Soggetti produttori collegati:Redazione e revisione:- Carucci Paola, revisione
- Franceschini Arianna, prima redazione
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