1737 - 1801
A seguito dello scoppio della guerra di successione polacca nel 1733 l'assetto dinastico del Granducato di Toscana mutò nuovamente: con i preliminari di pace dell'estate del 1736, infatti, il Granducato venne promesso a Francesco Stefano di Lorena. Era questi un giovane duca la cui dinastia, da sempre legata agli Asburgo, proveniva da un ducato al confine fra la Francia e gli stati tedeschi, e che in quell'anno si era sposato con Maria Teresa, figlia e ormai erede, in mancanza di una successione maschile, dell'imperatore Carlo VI d'Asburgo. In tal modo gli stati toscani, pur restando formalmente indipendenti, passarono nel complesso di beni territoriali controllati direttamente o indirettamente dagli Asburgo e vennero ceduti, con il diploma del gennaio 1737, ad un sovrano destinato, in quanto comandante delle armate della Monarchia, consorte di Maria Teresa ed imperatore dal 1745, a governare il Granducato da lontano, per tutto il corso della vita. A Firenze si insediarono in sua rappreentanza il principe di Craon e il conte di Richecourt che venivano ad assumere le redini del governo toscano inaugurando il periodo della cosiddetta Reggenza lorenese. Le iniziative intraprese da Richecourt, destinato a diventare l'artefice della politica lorenese per un ventennio, esprimevano la chiara indicazione di voler dare una forma più coerente alla macchina pubblica: partiva così un progetto di semplificazione delle leggi e delle istituzioni che caratterizzò il governo in questi anni. Dal punto di vista delle strutture di vertice, infatti, il governo lorenese venne articolato in due centri di potere e di elaborazione delle decisioni politiche: Firenze e Vienna; a Firenze vennero istituiti, nel 1739, tre Consigli supremi, i Consigli di Stato, di Finanze e di Guerra, composti sia da membri del patriziato fiorentino sia da fedeli ministri lorenesi. Lo scopo era farne un indispensabile momento consultivo per verificare gli umori della classe dirigente fiorentina, mediare gli interessi e far convogliare gli affari il più possibile "informati" verso Vienna dove il sovrano governava circondato da un manipolo di fedelissimi, raccolti in una sua piccola corte distinta dalla Hofburg Asburgo. In realtà ci si rese presto conto che le forti opposizioni della componente toscana intralciavano spesso la risoluzione degli affari: i documenti che si conservano sono testimonianza inesauribile di questa battaglia quotidiana nei consigli fra i due protagonisti dello scenario fiorentino, il lorenese Richecourt e il fiorentino Ginori, in merito alle più varie questioni: dalla gestione finanziaria alle riforme istituzionali e militari.
[espandi/riduci]Gli interventi riformatori degli anni di Reggenza possono essere addensati in quattro principali nuclei: a) le misure relative al governo e alle finanze pubbliche; b) la politica militare; c) gli interventi nella direzione di rifondare la legislazione e di riorganizzare il sistema politico istituzionale; d) un'attenzione continua ad affermare, sul piano legislativo, il potere regio sia sul piano dei rapporti con la Chiesa che in rapporto alle prerogative della nobiltà. Sul piano del riordino amministrativo e contabile, le condizioni dell'erario costituivano uno dei problemi più rilevanti: spese incontrollabili, dispersione del pubblico denaro, cattiva amministrazione. Ad aggravare la situazione vennero poi le cospicue spese per la difesa che accrebbero le necessità finanziarie della dinastia. A tali difficoltà si rispose con la creazione, nel 1740, di un appalto delle finanze ad un gruppo franco-lorenese, in cambio di un affitto annuale. L'appalto acuì i contrasti all'interno del governo toscano perché tolse a molti patrizi fiorentini il controllo sulle finanze pubbliche, ma fu anche uno strumento importante per riordinare, concentrare gli introiti fiscali. Si affermarono nuovi criteri di tenuta della contabilità e di controllo, ricalcati su esperienze del nord Europa; molti francesi e lorenesi diventarono esattori o doganieri; anche la giustizia di questo ambito fu concentrata in un'unica Camera Granducale. Per quanto riguarda, poi, il settore militare il piccolo esercito del Granducato fu modificato sia nella sua organizzazione che nella sua composizione: al vertice vennero posti molti ufficiali lorenesi interpreti delle fedeltà dinastiche alla casata; furono creati due reggimenti regolari, cioè stabili, riformate le truppe ereditate dai Medici, rinnovati gli arsenali e le armi. Dallo scoppio della guerra di successione austriaca le spese diventarono più considerevoli, arrivando a gravare fino al 50% sul totale. Con la nomina imperiale di Francesco Stefano, nel 1745, e con la fine della guerra (1748), la Toscana tornò ad avere un piccolo esercito subordinato a quello Asburgo.
Accanto a quelle finanziarie e militari, altre riforme apparvero subito indispensabili per semplificare il complesso sistema istituzionale e la stratificata legislazione del Granducato. Tuttavia, le forti resistenze opposte dalla vecchia classe politica fiorentina impedirono che si varasse una riforma generale del sistema politico-istituzionale e legislativo toscano. Dove invece il conte di Richecourt riuscì a intervenire in maniera attiva fu tutto il settore dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa, attraverso una politica che tese anche in Toscana a farsi assai rigorosa nell'affermazione dei diritti dello stato contro i privilegi ecclesiastici. Si ricordino qui solo la legge sulla stampa del 1743 che rafforzò il controllo laico sulla censura libraria; o la riforma della Mano Morta ecclesiastica del 1751 che ridusse la libertà che la Chiesa aveva di bloccare in perpetuo le proprietà che i privati lasciavano ad essa per testamento.
Il successore di Richecourt nella Reggenza del Granducato fu il più cauto ministro asburgico Antoniotto Botta Adorno (1757-1765): egli si fece promotore di un largo riavvicinamento fra dinastia e classi dirigenti toscane, politica che ebbe, tra gli esiti più significativi, la costituzione del Granducato in "secondogenitura" a seguito delle nozze di Pietro Leopoldo, figlio di Francesco Stefano e Maria Teresa d'Asburgo, con Maria Luisa di Borbone, infanta di Spagna; tale condizione assicurava alla Toscana di riprendere un suo autonomo percorso, sotto il secondo figlio della coppia imperiale, destinato a risiedere a Firenze. Di questo nuovo clima di distensione il Botta Adorno fu interprete significativo con le cautele del suo agire politico e gli indirizzi, quasi distratti, del suo governo. Così, il generale riaprì le porte degli impieghi pubblici ai toscani, operando una vera "delorenizzazione"; va nella direzione di questo clima di pacificazione fra dinastia e ceto di governo toscano anche la restaurazione dello stanco organismo di governo dell'età medicea, ovvero il Senato dei Quarantotto, all'interno del quale vennero inseriti, fra il 1763 e il 1764, molti patrizi schierati ormai apertamente con la dinastia.
Il Granduca Pietro Leopoldo arrivò a Firenze nel settembre 1765: il sovrano prese subito in mano con decisione le redini del governo iniziando un rapporto di intensa collaborazione con molti uomini allevati all'amministrazione nel periodo della Reggenza, rispetto al quale tuttavia non esitò a prendere le distanze promuovendo, per esempio, il riordino nel 1770 dei Consigli di governo, intervento, questo, importante per la nascita di una amministrazione centralizzata dello Stato; in parallelo il principe si servì di speciali commissioni ("deputazioni") dove raccoglieva i collaboratori di fiducia affidando loro il compito di discutere e di presentare memorie, spesso volte alla progettazione di particolari e radicali riforme.
La gran parte delle riforme leopoldine partì dall'abolizione delle vecchie regole ed istituzioni: un vero smantellamento di quella complessa impalcatura politica che, come si è visto, era stata soltanto intaccata durante la Reggenza. Sarebbe tuttavia un errore leggere le riforme in un continuum; in realtà esse furono il frutto di fasi e momenti diversi. Un primo nucleo di interventi, in sintonia con una parte della classe dirigente del paese, ebbe a oggetto nuovi provvedimenti di politica economica: ciò avvenne nei primi anni di governo di Pietro Leopoldo, durante i quali, su modello di quanto era stato fatto nella monarchia asburgica o anche in Francia, si avviarono grandi inchieste, spesso condotte con metodi statistici, sullo stato della popolazione, delle manifatture, dell'agricoltura (1766-68). Così la decisione di avviare la liberalizzazione del commercio dei grani - che favoriva soprattutto l'agricoltura, liberandola da tanti vincoli del passato sistema annonario - si appoggiò sui risultati emersi da una grande inchiesta commissionata nel 1766, che aveva ben evidenziato la centralità del settore agricolo per la prosperità del paese e contemporaneamente l'ormai lontano primato fiorentino nelle manifatture e nei commerci, tipico della grande età comunale. Ma questa scelta che favoriva gli interessi economici predominanti in Toscana, tendeva anche ad appoggiarsi alla centralità teorica che era attribuita alla terra dalla scuola fisiocratica, della quale il governo toscano usò le teorie per affermare il primato dell'agricoltura caldeggiato dagli interessi dei grandi proprietari agrari toscani.
In questa prima fase di governo, il sovrano portò anche un attacco a fondo alle basi del sistema finanziario del padre: ridusse il debito pubblico, abolì l'appalto generale delle finanze e creò una amministrazione delle rendite regie (1769) direttamente sotto il controllo pubblico, abolì infine le vecchie magistrature annonarie. Ma soprattutto, frutto della nuova attenzione alla trasformazione dei tradizionali indirizzi economici, fu l'abolizione, nel 1770, degli ormai stanchi tribunali delle Arti fiorentine, una riforma che attaccava una delle forme più antiche di organizzazione sociale che aveva improntato di sé la vita di Firenze e le sue stesse forme politiche. Al posto delle Arti e dei loro storici privilegi, venne creata una Camera di Commercio, che doveva proporre i modi per far rifiorire le manifatture toscane attraverso il miglioramento delle tecniche industriali e un loro adeguamento agli standard europei.
Un altro importante intervento, che si iscriveva nella visione amministrativa che fu tipica dell'assolutismo illuminato, fu la riforma delle comunità. Tale riforma dei sistemi di governo locale si svolse, adattandosi alle realtà dei paesi e delle città dello Stato, fra il 1771 e il 1786. Furono abolite le vecchie regole degli statuti locali, creati nuovi regolamenti, lasciato maggior spazio di autonomia alle comunità: Firenze cessò di essere la città "dominante" per divenire una delle comunità dello stato riformato. Alla base si affermò il principio, diffuso nelle teorie politiche del periodo, che solo i proprietari dovessero essere i rappresentanti delle comunità in quanto tenuti a gestire i propri interessi e a pagare le tasse locali. In questo senso si creava un nuovo rapporto fra il sovrano e questi soggetti-proprietari, che tendeva a scardinare i vecchi ordini sociali e a fondarne di nuovi.
Pietro Leopoldo portò poi a termine quella riforma della giustizia che Richecourt aveva lasciata in sospeso, introducendo esperti giudici in tutto il territorio (1771-72) e riorganizzando l'amministrazione della giustizia penale a Firenze (1777). Fu importante anche l'organizzazione di un nuovo sistema di polizia a Firenze: abolita la nebulosa di magistrati di remota origine comunale furono istituiti, sul modello di Parigi, quattro commissari di quartiere e affidati loro ampi compiti di composizione dei conflitti. Posti nel cuore della città essi diventarono i regolatori della vita degli abitanti: vera cellula della nuova amministrazione, non c'era questione la più minuta che non venisse da loro tenuta in osservazione e comunicata al potente Presidente del Buongoverno, creato nel 1784. "Prevenire più che punire": era questa l'utopica volontà di riuscire ad eliminare i crimini disciplinando i comportamenti e le azioni prima che diventassero pericolosi. Culmine dell'edificio della giustizia riformata fu la famosa legge leopoldina del 1786 che abolì la pena di morte.
La terza fase del riformismo leopoldino occupò l'ultimo decennio di governo (1780-1790) del sovrano: l'intervento del principe tese infatti a farsi sempre più esteso, il potere disciplinante dello Stato più largo, e questo significò anche una laicizzazione sempre maggiore della società. In questa fase dunque si ripensarono a fondo anche i rapporti con la Chiesa e la stessa politica ecclesiastica. Già nei primi anni di Leopoldo furono varate riforme importanti, come quella che sottopose gli ecclesiastici alle imposizioni ordinarie e ai tribunali ordinari. Ma fu solo negli anni Ottanta che la politica fu pianificata e sistematica. Si affermò la volontà di rendere la Chiesa e le sue reti "utili" e controllabili per lo stato. Alla base si tese a favorire il rafforzamento del ruolo dei parroci, considerati cellula fondamentale della regolazione sociale e della vita religiosa; al vertice si tese a favorire una sempre maggiore autonomia dei vescovi da Roma. Si arrivò anche a disciplinare dall'interno la Chiesa, soprattutto sotto l'influenza del vescovo pistoiese Scipione dei Ricci. Si soppressero molti conventi e luoghi di associazione religiosa popolare, le "compagnie", dettando anche regole di culto ispirate ad un rigore maggiore e ad un uso di forme più intime e devote di religiosità secondo l'influenza del giansenismo. Rotture profonde, anche queste, che non tardarono a produrre forti opposizioni sociali e politiche. I tumulti che scoppiarono in varie località dello stato dal 1787 in avanti, si opposero all'interruzione di pratiche religiose e a forme di associazione che duravano da secoli e nelle quali la gente si riconosceva, mentre un forte rialzo dei prezzi faceva scoppiare sommosse contro la libertà del commercio dei grani ritenuta responsabile del peggioramento delle condizioni di vita dei ceti popolari. La fine del regno leopoldino conobbe così una forte crisi di consenso proprio nel momento in cui, nel 1789, scoppiava la rivoluzione francese. Nel 1790 moriva Giuseppe II e Pietro Leopoldo veniva richiamato a Vienna a prendere le redini di una monarchia ormai in rivolta, ricongiungendo il suo destino a quello della Casa d'Austria.
Pietro Leopoldo aveva riconfermato la secondogenitura toscana e stabilito quindi il passaggio del trono del Granducato a Ferdinando, evento che si verificò nel 1791: la politica del nuovo sovrano si incentrò sul ripristino di alcune realtà introdotte da Pietro Leopoldo, come nel caso dell'abolizione della libertà frumentaria, caposaldo del riformismo leopoldino e uno dei puntelli del mito europeo del suo governo, la cui interruzione, letta dalle plebi cittadine come garanzia di prezzi più contenuti e di protezione del livello di vita, venne festeggiata con vero tripudio. Di lì a poco fu reintrodotta anche la pena di morte, vanificando il portato rivoluzionario della legge criminale del 1786. Del resto, l'eredità che Ferdinando si trovò sulle spalle era pesante e le incertezze da lui dimostrate in questa prima fase di governo toscano (1791-1799) erano in parte giustificate dalla congiuntura interna ed internazionale. Anche in questo senso distante dal padre, egli tese ad appoggiarsi sia per la politica interna sia per quella estera ad un "partito di Corte" distinto e sovente in opposizione a quel partito di opinione e di governo, che tanta parte aveva avuta negli anni di Leopoldo. Dopo una fase in cui Ferdinando fu coinvolto nella guerra degli stati coalizzati contro la Francia, la neutralità dichiarata nel 1795 e conseguentemente il tentativo di conservare buoni rapporti diplomatici con la Francia rivoluzionaria, sembrarono essere l'unica strada per difendere l'autonomia del Granducato e per evitare che di nuovo venisse giocato dalla Casa d'Austria come pedina nel contesto del conflitto europeo.
L'occupazione della Toscana da parte degli eserciti francesi e la partenza di Ferdinando dalla Toscana, nella primavera del 1799, segnarono la fine di questa utopia di indipendenza e ricondussero con drammatica evidenza il giovane Granduca toscano nella Vienna della sua Maison d'origine. Da qui Ferdinando seguì, senza tornare in Toscana, la temporanea riconquista legittimista e antifrancese del Granducato: la rivolta contro gli occupanti francesi, partita da Arezzo si allargò a tutto lo stato fino a raggiungere Firenze dove fu restaurato, con il consenso del granduca lontano, il vecchio ed esangue Senato; la repressione dei patrioti filofrancesi fu durissima e colpì i simpatizzanti della causa rivoluzionaria con esili, gogne e larghe estromissioni dalle cariche pubbliche. Ma ovviamente i giochi dinastici erano ancora in moto: con la pace di Lunéville, infatti, si assistette ad un nuovo scambio di territori e al passaggio della Toscana nell'area di influenza di Napoleone che stabilì a Firenze la dinastia Borbone Parma istituendo il Regno d'Etruria.
Soggetti produttori enti collegati:Contesto storico-istituzionale collegato:Profili istituzionali collegati:Fonti:- ASFi, Appendice della Segreteria poi Ministero della Guerra, n. 1544, Copia del dispaccio di Sua Maestà Cesarea al suo Consiglio di Reggenza in data del 7 luglio 1748
- ASFi, Appendice della Segreteria poi Ministero della Guerra, n. 1572, Copia del dispaccio di Sua Maestà Cesarea al suo Consiglio di Reggenza in data del 24 novembre 1747: Règlement concernant le Commissariat de Guerre
- ASFi, Segreteria di guerra, n. 513 inserto n. 20, “Dispaccio di S.M.I. inviato da Vienna il 30 dicembre 1738, al Consiglio di Guerra”.
- ASFi, Segreteria di Guerra, n. 513 inserto n. 23, “Motuproprio di S.A.R. con cui elegge il Consiglio di Guerra nelle persone del barone general Braithowitz, marchese Rinuccini e senatore del Riccio”.
- ASFi, Segreteria di Guerra, n. 513, inserto 17, Magistrato delle Bande, “Rappresentanza sul piano di loro organizzazione e parere dei Ministeri dei Nove”.
- ASFi, Segreteria di Guerra, n. 513, inserto n. 24 "Articoli di Guerra emessi da S. A. Reale".
- Bandi e ordini di S.A.R. da osservarsi nel Granducato di Toscana stampati in Firenze e pubblicati [...] raccolti in un codice coll'ordine successivo de' tempi e sommario de' medesimi disposto con ordine alfabetico di materie e tribunali, vol. 12, n. XVI 22 aprile 1784 - Firenze: Stamperia Imperiale.
- Bandi e ordini di S.A.R. da osservarsi nel Granducato di Toscana stampati in Firenze e pubblicati [...] raccolti in un codice coll'ordine successivo de' tempi e sommario de' medesimi disposto con ordine alfabetico di materie e tribunali, vol. 12, n. XXXV, 12 giugno 1784 - Firenze: Stamperia Imperiale.
- Bandi e ordini di S.A.R. da osservarsi nel Granducato di Toscana stampati in Firenze e pubblicati [...] raccolti in un codice coll'ordine successivo de' tempi e sommario de' medesimi disposto con ordine alfabetico di materie e tribunali, vol. 6, n. LXXXIX, 13 febbraio 1773 - Firenze: Stamperia Imperiale.
- Bandi e ordini di S.A.R. da osservarsi nel Granducato di Toscana stampati in Firenze e pubblicati [...] raccolti in un codice coll'ordine successivo de' tempi e sommario de' medesimi disposto con ordine alfabetico di materie e tribunali, vol. 6, n.CXLI, 23 maggio 1774 - Firenze: Stamperia Imperiale.
- Bandi e ordini di S.A.R. da osservarsi nel Granducato di Toscana stampati in Firenze e pubblicati [...] raccolti in un codice coll'ordine successivo de' tempi e sommario de' medesimi disposto con ordine alfabetico di materie e tribunali, vol. 8, n. LVIII 26 maggio 1777 - Firenze: Stamperia Imperiale.
- Bandi e ordini di S.A.R. da osservarsi nel Granducato di Toscana stampati in Firenze e pubblicati, [...] raccolti in un codice coll'ordine successivo de' tempi e sommario de' medesimi disposto con ordine alfabetico di materie e tribunali, vol. 15, n. CXXI. Firenze: Stamperia Imperiale, 1778
- Bandi e ordini di S.A.R. da osservarsi nel Granducato di Toscana stampati in Firenze e pubblicati...raccolti in un codice coll'ordine successivo de' tempi e sommario de' medesimi disposto con ordine alfabetico di materie e tribunali, vol. 12 n. XVI, 22 aprile 1786, Firenze : Stamperia Imperiale.
- Bandi e ordini di S.A.R. da osservarsi nel Granducato di Toscana stampati in Firenze e pubblicati...raccolti in un codice coll'ordine successivo de' tempi e sommario de' medesimi disposto con ordine alfabetico di materie e tribunali, vol. 13 n. CXC, 23 settembre 1788 - Firenze : Stamperia Imperiale.
- Bandi e ordini di S.A.R. da osservarsi nel Granducato di Toscana stampati in Firenze e pubblicati...raccolti in un codice coll'ordine successivo de' tempi e sommario de' medesimi disposto con ordine alfabetico di materie e tribunali, vol. 22 n. LXVIII - Firenze : Stamperia Imperiale,
- Bandi e ordini di S.A.R. da osservarsi nel Granducato di Toscana stampati in Firenze e pubblicati...raccolti in un codice coll'ordine successivo de' tempi e sommario de' medesimi disposto con ordine alfabetico di materie e tribunali, vol. 6 n. LXXVIII, 30 settembre 1772, Firenze: Stamperia Imperiale.
- Bandi e ordini di S.A.R. da osservarsi nel Granducato di Toscana stampati in Firenze e pubblicati...raccolti in un codice coll'ordine successivo de' tempi e sommario de' medesimi disposto con ordine alfabetico di materie e tribunali, vol. 63 nn. LXX - LXXI - LXXII, Firenze : Stamperia Imperiale, 1857
Bibliografia:- Alessandra Contini, La città regolata: polizia e amministrazione nella Firenze leopoldina (1777-1782) in Istituzioni e società in Toscana nell'età moderna. Atti delle giornate di studio dedicate a Giuseppe Pansini. Firenze, 4-5 dicembre 1992, a cura di Claudio Lamioni, Roma, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Ufficio Centrale per i Beni Archivistici, 1994
- Andrea Tanganelli, Il tumulto dei granatieri a Firenze del 9 maggio 1774. Un piccolo evento con grandi conseguenze. Rassegna storica toscana, 2016/2, a. 62
- Bandi Toscana, cod. 10 n. CX, Istruzioni per i Giusdicenti del 28 aprile 1781
- Bandi Toscana, cod. 12, n. XVI 22 aprile 1784, Motuproprio istitutivo della Presidenza del Buongoverno.
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- Alessandra Contini, Maria Grazia Parri (a cura di), Il Granducato di Toscana e i Lorena nel secolo XVIII. Incontro internazionale di studio. Firenze, 22-24 settembre 1994, Firenze, Olschki, 1999
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- Bernardo Sordi, L'amministrazione illuminata. Riforma delle comunità e progetti di costituzione nella Toscana leopoldina, Milano, Giuffrè, 1991
- Marcello Verga, Da "cittadini" a "nobili". Lotta politica e riforma delle istituzioni nella Toscana di Francesco Stefano, Milano, Giuffrè, 1990
- Adam Wandruszka, Pietro Leopoldo. Un grande riformatore, Firenze, Vallecchi, 1968
- Franco Valsecchi, L'Italia nel Settecento (1714-1788), Milano, Mondadori, 1959
Redazione e revisione:- Valgimogli Lorenzo, 2002/12/12, prima redazione