1805 - 1814
Il 26 maggio 1805 Napoleone Bonaparte si fece incoronare sovrano della previgente Repubblica italiana, costituendo così un regno posto sotto il controllo delle forze armate francesi che comprese l'Italia centro orientale e buona parte del settentrione con capitale Milano. Retto da un sistema costituzionale a base aristocratica e strutturato sullo statuto della Francia consolare elaborato per uno Stato a carattere repubblicano, venne a poco a poco adattato alla monarchia attraverso modifiche realizzate con la pubblicazione di periodici statuti costituzionali (ben nove dal 15 marzo 1805 al 15 marzo 1810), in cui prevalsero le norme amministrative rispetto a quelle politiche e civili. Il 5 giugno ne fu nominato viceré Eugenio di Beauharnais, figlio di prime nozze della moglie di Napoleone Giuseppina, che stabilì la propria residenza a Monza; segretario di Stato e coordinatore dell'amministrazione fu Antonio Aldini.
Con decreto 9 mag. 1805, fu istituito il Consiglio di Stato, posto sotto la direzione e la responsabilità di Napoleone e articolato in Consiglio dei consultori, Consiglio legislativo e Consiglio degli uditori; nel 1807 il Consiglio dei consultori fu trasformato in Senato consulente, assemblea autonoma rispetto al Consiglio di Stato. Vi erano inoltre la Cancelleria del consiglio del sigillo, la Segreteria di Stato in Milano, i ministeri per l'interno, il culto, le finanze, la giustizia, il tesoro. A livello legislativo furono adottati i testi francesi. Nonostante la soppressione di conventi e congregazioni e la designazione dei vescovi, vennero garantiti protezione e favori agli ecclesiastici e mantenuti alcuni ordini religiosi di pubblica utilità. Fu anche istituito lo stato civile, razionalizzate e sottoposte a controllo dello Stato la beneficenza e la sanità e, a livello periferico, soppresse le autonomie locali, accentrando i poteri nella figura del prefetto.
[espandi/riduci]Con la vittoria di Austerlitz e la pace di Presburgo (26 dic. 1805) l'Austria abbandonò la penisola e tutto il Veneto, il Friuli e la parte ex-veneta dell'Istria che furono così aggregati al Regno e articolati in sette dipartimenti: Adriatico, Bacchiglione, Brenta, Istria, Passariano, Piave, Tagliamento. Con il successivo accordo di Fontainebleau (10 ott. 1807) il confine orientale del Regno verso il Friuli venne portato all'Isonzo, mediante il trasferimento all'Austria del territorio di Monfalcone e l'annessione della Contea di Gradisca, sulla riva destra del fiume, mentre l'Istria passò alle Province illiriche, annesse all'Impero francese. Il Regno perse anche la Garfagnana estense e le province di Massa e Carrara, cedute alla sorella dell'imperatore Elisa Baciocchi, duchessa di Lucca e Piombino, ricevendone in cambio, nel marzo 1806, il Ducato di Guastalla a spese degli Stati parmensi. Dopo la pace di Tilsit (7 lug. 1807) Napoleone si assicurò il dominio della sponda orientale dell'Adriatico e con la pace di Schoenbrunn (10 ott. 1809) il completo controllo dell'Adriatico. Il 2 ottobre 1808 erano stati aggregati anche Urbino e Camerino, i territori della Marca d'Ancona, la provincia di Macerata e parte della provincia perugina, Fermo, Ascoli e Montalto, inquadrati in tre dipartimenti, Metauro, Musone e Tronto. Con il trattato di Parigi (28 feb. 1810) il Regno ottenne dal re di Baviera il Tirolo meridionale, che includeva anche il Trentino, e con decreto 28 mag. 1810 Napoleone sancì l'annessione del Tirolo meridionale, costituito in dipartimento dell'Alto Adige, diviso nei cinque distretti di Bolzano, Cles, Riva, Rovereto e Trento, sedi di sottoprefetture.
L'organizzazione territoriale del Regno d'Italia si fondò sul decreto napoleonico dell'8 giugno 1805: furono fissati i confini dei comuni, cantoni, distretti e dipartimenti, cui vennero date disposizioni uniformi; i dipartimenti passarono da 12 a 14, con l'aggiunta di quello dell'Adda (Sondrio) e dell'Adige (Verona), diventando 25 con le successive annessioni. Autorità assoluta nel dipartimento era il prefetto, presidente del Consiglio di prefettura e capo dell'amministrazione dipartimentale coadiuvata da un Consiglio generale del dipartimento; alla testa del distretto vi era il viceprefetto, assistito da un Consiglio distrettuale; al cantone era preposto un giudice di pace e, per le materie amministrative e censuarie, un consigliere del censo. I comuni, articolati in tre classi, erano retti dal podestà, quelli più piccoli dal sindaco, coadiuvato dalla municipalità (consiglio costituito dal podestà o dal sindaco e da un numero di componenti diverso a seconda della classe del comune), i cui poteri furono ristretti con legge 5 giu. 1807; le rappresentanze comunali avevano funzioni consultive e i bilanci dei comuni di prima classe erano approvati dal Ministero dell'interno, sentito il parere del Consiglio di Stato. Le nomine di tutti i funzionari di grado più elevato delle istituzioni periferiche e dei comuni di prima e seconda classe erano fatte dal re, quelle dei comuni minori dal prefetto. Nel 1806 fu emanato il regolamento organico della giustizia civile e punitiva e furono poi progressivamente introdotti il Codice civile napoleonico e gli altri codici in materia commerciale e penale.
Il Regno d'Italia non sopravvisse alla caduta del suo monarca e si disciolse definitivamente nel 1814. Già l'8 novembre 1813, entrate le armate austriache nei dipartimenti orientali, venne emanato dal quartier generale di Trento un editto che mantenne temporaneamente l'organizzazione amministrativa e giudiziaria del Regno, passandola poi alle dipendenze del gen. De Hiller, commissario principale per le province già occupate (poi detto commissario civile) e ad un governo provvisorio affidato al principe Heinrich di Reuss-Plauen, con il titolo di governatore militare e civile. Anche in area lombarda, a seguito di una sommossa interna a Milano, il consiglio comunale nominò una Reggenza di sette membri, che avviò una dura epurazione ed operò fino all'arrivo in città, l'8 maggio 1814, del plenipotenziario austriaco Bellegarde, che il 25 maggio emanò un proclama che ne annunciava la cessazione come istituto autonomo, assumendone la presidenza. Furono, invece, le truppe di Gioacchino Murat, da tempo in rotta con Napoleone, ad entrare a Roma il 25 novembre 1813 e, dopo aver assunto il controllo di tutti i territori dell'ex Stato della Chiesa e della Toscana, ad insediarvi, il 19 gennaio 1814, il gen. La Vaugoyon come governatore generale degli Stati romani. Napoleone decise allora di liberare il papa Pio VII, prigioniero in Francia, e di rinviarlo in Italia con solenni riconoscimenti di sovranità e di rispetto. Lo stesso Murat fu così costretto ad accettare il ritorno del pontefice, che il 24 maggio 1814 rientrò a Roma. Egli rimase più a lungo nelle Marche, ma il tentativo di rioccupare i territori pontifici sfidando l'Austria, pur procurando un nuovo breve esilio del papa a Genova, si concluse nel maggio 1815 con la battaglia di Tolentino e l'armistizio di Casalanza; la riconsegna definitiva al papa delle Marche e delle Legazioni avvenne soltanto nel luglio 1815, mentre Roma era governata da più di un anno da fiduciari del pontefice. Breve era stato, infine, il governo di Murat in Toscana, entrato a Firenze il 23 febbraio e già il 20 aprile costretto ad accettare la firma di una convenzione a Parma tra il suo plenipotenziario e l'inviato di Ferdinando III, volta a riportare nell'ex Granducato la dinastia degli Asburgo Lorena.
Soggetti produttori enti collegati:Profili istituzionali collegati:Bibliografia:- decreto 16 settembre 1807, Decreto che fissa l’epoca dell’attivazione del nuovo sistema giudiziario e della soppressione dell’antico in Bollettino delle leggi del Regno d’Italia: parte seconda: dal primo luglio al 30 settembre 1807: dal n. 17 al n. 28, Milano, [1807], II, p. 955-957
- decreto 29 gennaio 1806 in ASPd, Magistrature e cariche diverse, b. 88
Redazione e revisione:- Prima redazione nel Sistema Guida generale degli Archivi di Stato italiani
- Santolamazza Rossella, redazione centrale SIAS