Sin dall’età normanna il Regno di Sicilia, costituito nel 1130 da Ruggero II d’Altavilla, dal punto di vista amministrativo era diviso in tre Valli: Val Demone, Val di Noto e Val di Mazzara che comprendevano i centri abitati che Federico II chiamava “comuni”.
Nella breve parentesi della dominazione angioina (1266-1282) Carlo d’Angiò, pur mantenendo la divisione dei tre Valli, denominò "universitas" ogni centro abitato ("universi cives", cioè unione di tutti i cittadini) e tale denominazione permase per alcuni secoli.
Con la Guerra del Vespro e l’intervento di Pietro III d’Aragona, il Regno di Sicilia passò sotto il governo della dinastia aragonese. Nella pace di Caltabellotta (1302) fu sancita la definitiva separazione tra il Regno di Napoli (Regnum Siciliae citra Pharum) e il Regno di Sicilia (Regnum Siciliae ultra Pharum). Da quel momento sino al 1816 i due regni seguirono percorsi diversi, ma i centri abitati di entrambi per lungo tempo continuarono a chiamarsi "universitates".
[espandi/riduci]Le "universitates" potevano essere demaniali o feudali a seconda che dipendessero direttamente dall’autorità regia o fossero governate da un feudatario, ma avevano, entro ambiti ben definiti e con determinati poteri tradizionali, una certa capacità di autogestione, attraverso l’approvazione dei "Capituli" e "Grazie" concesse all’Università. Le città demaniali, sottratte alla giurisdizione del locale vescovo, venivano governate da una Mastra giuratoria solitamente composta dal pretore, dai giurati (in numero variabile a seconda della città) e dal capitano giustiziere. A tali cariche potevano concorrere gli appartenenti all’aristocrazia o alla classe dei maggiorenti della città. Le città feudali, invece, erano governate direttamente da un feudatario che riconosceva i suoi obblighi verso il re di Sicilia, da cui riceveva l’investitura, ma che sul proprio territorio aveva ogni potere accresciuto dalla concessione del "Mero e misto impero": nominava gli ufficiali della Curia giuratoria e della Curia capitaneale e amministrava le entrate fiscali attraverso un proprio secreto.
Un cambiamento fondamentale avvenne alla fine del sec. XIV: il Regno di Sicilia che, pur essendo governato da re Aragonesi, aveva mantenuto la sua indipendenza, divenne un viceregno spagnolo. Con il matrimonio tra Maria, ultima erede del re di Sicilia, e Martino il giovane, nipote del re Giovanni I, e con le vicende che ne seguirono, si determinò la fine della separazione delle due corone di modo che, a partire dal 1412, la Sicilia venne governata dai viceré, nominati di volta in volta dalle dinastie che si succedettero sul trono di Aragona prima e di Spagna poi. I viceré, molto spesso nobili Spagnoli, risiedevano a Palermo. Nelle principali città dell'isola, da Palermo a Trapani, a Siracusa, a Messina furono istituiti i Senati cittadini, e alcuni centri abitati di maggior rilevanza, sia demaniali che feudali, ottennero la denominazione di "civitas", pur persistendo la struttura amministrativa interna e i rapporti con gli organi superiori. Nel 1583 vi fu una nuova divisione amministrativa dell’isola: eliminata la spartizione dei tre Valli, il territorio fu suddiviso dal viceré Marcantonio Colonna in 42 Comarche che ebbero, tra le funzioni principali, l'amministrazione fiscale: la città demaniale, capoluogo di ciascuna di esse, infatti, era la sede del "secreto", ovvero del funzionario regio che sovraintendeva alla riscossione dei tributi e al censimento degli abitanti, in base al quale avveniva la distribuzione del carico fiscale.
Il periodo dei viceré per conto della Spagna si concluse nel 1713, con il trattato di Utrecht, che stabilì la cessione del Regno di Sicilia al duca di Savoia, che così ottenne una corona reale. Dopo il breve periodo sabaudo (1713-1720) e quello asburgico (1720-1734) il Regno e l'isola di Sicilia furono ceduti, nell'ambito dei trattati conseguenti alla guerra di successione polacca, a Carlo III di Spagna, fondatore della dinastia dei Borbone di Napoli. La costituzione della nuova monarchia borbonica liberava formalmente dalla condizione di viceregno la Sicilia, che ritornava ad essere uno stato indipendente, sebbene, di fatto, in unione personale col re di Napoli. Quando poi, agli inizi del 1800, Napoleone dichiarò decaduta la monarchia borbonica e pose sul trono di Napoli suo fratello Giuseppe, Ferdinando di Borbone si trasferì con la sua corte nel Regno di Sicilia, rimasto indipendente sotto la protezione degli inglesi (1806-1815).
In quegli anni venne emanata la Costituzione siciliana del 1812, che dava un nuovo assetto amministrativo, ma anche politico, al Regno di Sicilia: la feudalità venne abolita e i territori di pertinenza feudale furono dichiarati allodiali. Ciò comportò che gli aristocratici non avevano più le responsabilità di governo delle "universitates", né gli obblighi feudali nei confronti del re, ma mantenevano la proprietà di terreni e fabbricati e di conseguenza le rendite economiche che ne derivavano. Tutta l’isola quindi fu amministrata da ufficiali di nomina statale e le comarche furono sostituite da 23 distretti, con a capo altrettante città capoluogo. Con la restaurazione operata dal Congresso di Vienna, fu istituito il Regno delle Due Sicilie, unificazione giuridica tra il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia avvenuta nel dicembre 1816, con conseguente riorganizzazione territoriale e amministrativa dell’isola.
Contesti storico-istituzionali di appartenenza:Soggetti produttori collegati:Redazione e revisione:- Falzone Marisa Teresa, 08/03/2024, prima redazione
- Santolamazza Rossella, redazione centrale SIAS, 2024/03/25, revisione