Le congregazioni erano presiedute dal delegato provinciale, massimo rappresentante dell'autorità governativa sul territorio, ed erano composte da un numero variabile di membri, a seconda della classe della provincia, con una rappresentanza paritaria di nobili possidenti e borghesi possidenti: otto membri per le province di prima classe (Brescia, Milano, Venezia, Verona e Udine), sei per quelle di seconda (Bergamo, Como, Cremona, Lodi e Crema, Mantova, Padova, Pavia, Treviso e Vicenza), quattro per quelle di terza (Belluno, Rovigo e Sondrio). A essi si aggiungevano i rappresentanti delle città regie, ovvero tutti i capoluoghi di provincia, più Crema, Casalmaggiore e Bassano.
In Lombardia le congregazioni furono trasformate in deputazioni provinciali con il regio decreto 16 giu. 1859 n. 3442 del nuovo governo sardo, mentre in Veneto continuarono a svolgere le proprie funzioni, ulteriormente ampliate con l'ordinanza del Ministero dell'interno austriaco 9 giu. 1860, notificata il 14 giugno, e la circolare della Luogotenenza 16 giu. 1860. La legge sulla rappresentanza dell'Impero e la patente 26 feb. 1861, inoltre, conferirono alle congregazioni provinciali venete il diritto d'inviare venti rappresentanti alla Camera dei deputati, che con la Camera dei signori costituiva il nuovo consiglio dell'Impero; tale rappresentanza in effetti non fu mai designata per l'opposizione dei comuni, che avrebbero dovuto proporre i candidati.