Date di esistenza: 1244 ca - 1477
1498 - 1502
Sedi: Firenze
Intestazioni di autorità:- Capitano del popolo, Firenze (1244 ca. - 1477; 1498 - 1502), Regole SIASFi; SIUSA/NIERA
- Capitano e conservatore della pace e governatore del popolo, Firenze (1280 - 1293), Regole SIASFi; SIUSA/NIERA
- Difensore delle arti e degli artefici, Firenze (1280 - 1293), Regole SIASFi; SIUSA/NIERA
Note storiche:Il rettore che a Firenze prese il nome di Capitano del popolo ebbe fin dalle origini una storia piuttosto complessa. Prima di consolidarsi e acquisire stabilità istituzionale dal 1293 in poi, in concomitanza con l'affermazione del regime antimagnatizio, attraversò infatti alcuni decenni di irregolarità nella definizione delle proprie funzioni, di discontinuità cronologica e di mutevolezza nelle denominazioni. Sebbene si abbia notizia di alcuni ufficiali che in maniera sporadica negli anni quaranta del XIII secolo assunsero il titolo di Capitani, la prima comparsa dell'istituto in questione può essere datata al 1250 allorché si impose il regime popolare. Al nuovo rettore forestiero che allora veniva creato furono conferite funzioni militari e, più in generale, politiche, essendogli assegnato il ruolo di capo delle società armate territoriali, che costituivano allora l'elemento fondamentale dell'organizzazione e dell'identità delle forze popolari, e di coordinatore tra le diverse istituzioni di governo.
[espandi/riduci]Sin dal principio il Capitano si presentò come figura parallela, spesso concorrente, rispetto a quella del Podestà. Mentre quest'ultimo, tuttavia, era dotato di un prestigio, di una tradizione e di un'autorità maggiori che gli garantirono una certa continuità istituzionale al di là dei bruschi e repentini avvicendamenti ai vertici del governo cittadino, la carica di Capitano, essendo più connotata politicamente, seguì le sorti della parte di cui era diretta emanazione. In tal modo, il Capitano, come il regime di Primo popolo, rimase in vita dal 1250 al 1260, per poi scomparire dopo Montaperti. Eclissatasi per un ventennio, a parte una breve parentesi tra il 1266 e il 1267 quando fu creato un Capitano che però solo parzialmente si ricollegava al precedente magistrato, la carica fu quindi ripristinata dopo la pace del cardinale Latino (1280) e per alcuni anni si mantenne piuttosto fluida nei suoi tratti istituzionali, tanto da sdoppiarsi nel 1282 nelle due figure del "Capitano e conservatore della pace e governatore del popolo" e del "Difensore delle arti e degli artefici". A parte alcune costanti di fondo, il nuovo rettore presentava delle differenze importanti rispetto ai predecessori, soprattutto per quanto riguarda la sua componente sociale e politica di riferimento, poiché i gruppi di potere emergenti compresi nello schieramento di popolo, di cui di nuovo il Capitano era chiamato a rappresentare e difendere interessi e aspirazioni, erano adesso organizzati e si riconoscevano non più nelle compagnie armate ma nelle corporazioni. Significativo di questa novità appare il fatto che nel 1293 al rinnovato Capitano non fosse attribuito il controllo sulle milizie popolari, che invece fu dato all'allora costituito Gonfaloniere di giustizia. Altri periodi di discontinuità nella nomina del rettore si verificarono nel corso del Trecento, soprattutto nei primi decenni, quando Firenze fu sottoposta alla signoria angioina.
Come il Podestà anche il Capitano doveva essere un "miles" forestiero. La durata della carica fu di un anno fino al 1292 e quindi semestrale (le date stabilite per l'avvicendamento furono il 1° maggio e il 1° novembre). Il sistema di elezione che, esemplato su quello previsto per il podestà, si stabilizzò nel corso del primo decennio del Trecento, pur non rimanendo esente da modifiche successive, prevedeva che la Signoria, i Collegi e le Capitudini delle Arti maggiori designassero una commissione composta da quattordici membri che a loro volta, insieme ai Priori e al Gonfaloniere di giustizia, votavano una lista di quattro candidati. La carica era offerta a colui che avesse ottenuto il maggior numero di preferenze. Se questi rifiutava, si interpellava il secondo dell'elenco, quindi il terzo ed infine il quarto. In teoria, uno stesso ufficiale non poteva ricoprire la carica prima di dieci anni.
Nell'esercitare le sue funzioni il capitano si avvaleva di una "famiglia" da lui stesso scelta e stipendiata, costituita da un numero variabile di giudici, notai, servi, uomini armati. Allo scadere del mandato, l'operato del rettore e dei suoi collaboratori veniva sottoposto a sindacato, ovvero alle procedure di controllo per l'accertamento di abusi, irregolarità varie, omissioni d'ufficio. Le operazioni dovevano concludersi in otto giorni (portati poi a dieci). Le denunce da parte dei cittadini dovevano essere presentate entro i primi cinque giorni per poter poi essere esaminate nel tempo che rimaneva da parte dei sindaci designati che agivano sotto la direzione e responsabilità dell'Esecutore degli ordinamenti di giustizia. Contro le eventuali ammende comminate dai controllori poteva intervenire con protesta ufficiale il Comune di origine del rettore condannato.
Le competenze del Capitano del popolo erano, per lo meno originariamente, plurime. Oltre al ruolo militare del periodo 1250-1260, il rettore ebbe funzioni di tipo politico soprattutto nella prima fase della sua evoluzione. Almeno dagli ultimi venti anni del Duecento il capitano presiedeva tre dei cinque principali organi consiliari cittadini: il Consiglio generale del Capitano, il Consiglio speciale o "di credenza" e il Consiglio dei Cento, che venivano detti nel loro complesso Consigli del popolo. La prassi si mantenne fino al 1328 quando fu varata la riforma che abolì il Consiglio dei Cento e unificò gli altri due nel solo Consiglio del Capitano. Questo continuò ad essere presieduto dall'ufficiale forestiero da cui prendeva il nome fino al 1396 quando, con provvisione del 28 novembre, fu stabilito che l'assemblea da allora in poi fosse convocata dalla Signoria. L'evento è sintomatico del fatto che il Capitano del popolo - come del resto anche il Podestà - alla fine del XIV secolo aveva ormai perso la propria centralità politica. Di contro si accentuarono altre sue competenze, tanto che la sua attività si concentrò in maniera crescente nell'ambito giudiziario.
Il Capitano e i suoi giudici avevano giurisdizione sia civile sia penale. Nelle procedure d'inquisizione il rettore poteva ricorrere alla tortura, ma soltanto per i casi più gravi. Per le cause riguardanti questioni economiche di poca entità, invece, gli era consentito di giudicare verbalmente senza tenere memoria scritta del verdetto. Contro le sentenze di tipo civile emesse dal Capitano era permesso far ricorso presso il Giudice degli appelli e nullità. Se la nuova sentenza confermava la precedente, il procedimento era ritenuto concluso, altrimenti era ammesso un ulteriore appello di fronte al podestà. In certi casi, il Capitano poteva a sua volta fungere da giudice di seconda istanza per quei reati di tipo civile che il podestà stesso non avesse punito entro un certo tempo (generalmente trenta giorni). Il ricorso non era ammesso invece per le sentenze criminali. Alcuni giudici della famiglia del Capitano ricevevano compiti particolari, come il controllo sul funzionamento della Camera e sulle entrate delle gabelle alle porte della città. Un'altra funzione in cui si specializzò il Capitano fu quella di polizia e in generale di controllo sull'ordine pubblico. A queste attività erano preposti i membri della famiglia denominati sbirri o berrovieri, che esercitavano la vigilanza giorno e notte contro numerosi reati tra cui il gioco d'azzardo, il possesso non autorizzato di armi, l'infrazione della norma che proibiva la libera circolazione nelle ore notturne.
Durante gli ultimi decenni del Trecento la situazione di turbolenza interna e i frequenti tumulti e le ribellioni indussero gli organi di governo a conferire con una certa frequenza poteri straordinari al Capitano per il mantenimento dell'ordine pubblico e ad imporre dei candidati notoriamente abili in questa attività. Una capacità che poteva valere il reincarico e la deroga al divieto di immediata rieleggibilità come nel caso di Cante de' Gabrielli designato per la prima volta capitano nel 1379 e quindi rinominato, per due semestri consecutivi, nel 1382 o Francesco de' Gabrielli che rimase in carica per trenta mesi dal 1393 al 1396.
Nel corso del Quattrocento il Capitano del popolo perse sempre più importanza ed efficacia anche a causa dell'istituzione di altre magistrature che gli sottrassero ambiti di competenza importanti. In particolare la creazione degli Otto di guardia e balia nel 1378 segnò per questo ufficiale la riduzione delle sue funzioni giudiziarie alla sola materia civile. Contrattasi sempre più la sua attività, tanto che diminuirono progressivamente i processi da lui celebrati, nel 1477 il magistrato fu abolito.
Fu ripristinato con provvisione del 28 aprile 1498 ricevendo numerosi compiti e rinnovata vitalità. Doveva infatti giudicare nelle cause criminali e del danno dato, nonché nelle notificazioni dei lodi. Attraverso il suo primo giudice collaterale funzionava da tribunale di primo appello per la città e, tramite il secondo collaterale, da primo appello per il territorio extra-cittadino. Da solo, infine, il Capitano aveva il ruolo di giudice di terzo appello. Questo ritorno in attività durò tuttavia soltanto pochi anni, cioè fino al 1502 quando fu creato il Consiglio di giustizia che assorbì tutte le funzioni giurisdizionali fino ad allora appartenute al Podestà e al Capitano del popolo.
Contesti storico-istituzionali di appartenenza:Complessi archivistici prodotti:Bibliografia:- Massimo Vallerani, La giustizia pubblica medievale, Bologna, Il Mulino, 2005
- Andrea Zorzi, I rettori di Firenze. Reclutamento, flussi, scambi (1193-1313) in I podestà dell'Italia comunale. Parte I: Reclutamento e circolazione degli ufficiali forestieri (fine XII sec.-metà XIV sec.), a cura di Jean-Claude Maire Vigueur, Roma, Istituto storico italiano per il Medioevo - Ecole française de Rome, 2000, I, pp. 453-594
- Statuti della Repubblica fiorentina editi a cura di Romolo Caggese. Nuova edizione. I, Statuto del Capitano del popolo degli anni 1322-25; II, Statuto del Podestà dell'anno 1325, a cura di Giuliano Pinto, Francesco Salvestrini, Andrea Zorzi, Piero Gualtieri, Firenze, Olschki, 1999
- Guidubaldo Guidi, Lotte, pensiero e istituzioni politiche nella Repubblica fiorentina dal 1494 al 1512, Firenze, Olschki, 1992, II, pp. 687-690, 721-725
- Andrea Zorzi, Ordinamenti e politiche giudiziarie in età laurenziana in Lorenzo il Magnifico e il suo tempo, a cura di Gian Carlo Garfagnini, Firenze, Olschki, 1992, p. 147-161
- Andrea Zorzi, L'amministrazione della giustizia penale nella Repubblica fiorentina. Aspetti e problemi, Firenze, Leo S. Olschki, 1988
- Guidubaldo Guidi, Il governo della città-repubblica di Firenze del primo Quattrocento, Firenze, Olschki, 1981, II, pp. 138-141; 153-168; 175-181
- R. DAVIDSOHN, Storia di Firenze, Firenze, Sansoni, 1977-1978, ristampa, V, pp. 112-118; 150-160; 576-580
- Guidubaldo Guidi, I sistemi elettorali agli uffici del Comune di Firenze nel primo Trecento in Archivio storico italiano, CXXX (1972), pp. 345-407
- Alessandro Gherardi, Il Potestà e il Capitano del popolo in Miscellanea fiorentina di erudizione e storia, I (1886), pp. 43-44
Redazione e revisione:- Baggiani Valentina, 26-GIU-05, rielaborazione
- Bettio Elisabetta, 2020/05/07, revisione
- Valgimogli Lorenzo, 16-MAG-02, prima redazione