Altre denominazioni:- Nove
- Nove conservatori
- Nove conservatori del dominio e della giurisdizione fiorentina
Date di esistenza: 1560 feb. 26 - 1769 giu. 22
Sedi: Firenze
Intestazioni di autorità:- Nove conservatori della giurisdizione e del dominio fiorentino, Firenze (1560 - 1769), Regole SIASFi; SIUSA/NIERA
Note storiche:La magistratura dei Nove fu creata con provvisione del 26 febbraio 1560 (s.m.), unificando le competenze dei Cinque conservatori del contado e del distretto (ufficio che controllava la gestione amministrativa e finanziaria dei comuni ad esso soggetti) e parte di quelle degli Otto di Pratica (in qualità di tribunale che risolveva le controversie fra le comunità e fra queste e i privati).
La fusione di questi due uffici si rivelò sia come un tentativo di risolvere la confusione e i conflitti di attribuzioni e di giurisdizione, sia come un tentativo di Cosimo I de’ Medici di creare uno strumento unico di controllo sulla vita delle comunità.
Con l’Aggiunta del 24 ottobre 1561 alla norma della legge di istituzione dei Nove, fu attribuita alla magistratura anche la sovrintendenza e il controllo amministrativo e finanziario di tutti gli istituti assistenziali locali (fraternite, compagnie, opere e luoghi pii laicali, gli ospedali sottoposti al Bigallo di Firenze, monti di credito); in seguito, con rescritto del 29 luglio 1592, il granduca Ferdinando I creò la Deputazione sui monti pii, con l'intento di facilitare i compiti di controllo sugli istituti di credito.
[espandi/riduci]I compiti principali dei Nove prevedevano quindi la facoltà di giudicare e di punire i magistrati comunitativi e tutti quelli che lavoravano alle loro dipendenze; poteri decisionali su tutte le cause intentate da (o a carico di) comunità e luoghi pii dello Stato, relativamente a loro privilegi ed esenzioni, oppure quelle insorte fra proprietari e lavoratori; poteri decisionali relativi alla tutela e al mantenimento dei confini giurisdizionali dello Stato, che comprendevano l’organizzazione di visite periodiche ai confini e la facoltà di avvalersi di esperti per la risoluzione delle controversie. I Nove inoltre avanzavano proposte sull'entità e la frequenza dei prelievi fiscali da attuarsi nelle comunità e nei loro rispettivi contadi per far fronte alle necessità dello Stato, sovrintendevano al funzionamento dell'apparato fiscale periferico e controllavano l'amministrazione delle entrate, oltre che dei luoghi pii laicali, giudicando sulla legittimità delle spese e disciplinando gli appalti delle rendite; infine gestivano la riscossione della decima del contado tramite appositi funzionari coordinati da un provveditore, cui spettava anche di mettere in entrata il reddito delle imposizioni per le spese universali e curare i depositi e i pagamenti. Spettò ancora ai Nove la direzione della nuova fabbrica del ghetto di Firenze, terminata nel 1572, e il successivo controllo sugli ebrei che vi andarono a risiedere.
L’autorità dei Nove, fondata quindi sull'esercizio di funzioni amministrative, giurisdizionali e di controllo finanziario-contabile, si estese pressoché su tutte le comunità dello Stato mediceo, con eccezione della città e dello Stato di Siena, del commissariato di Pistoia e Pontremoli (quest'ultimo relativamente alla facoltà di giudicare nelle cause insorte tra comunità diverse, tra queste e i luoghi pii, tra comunità e privati) e del territorio pisano, dove, a partire dal 1602, il controllo finanziario delle comunità (ad esclusione dei luoghi pii, che rimanevano sotto l'autorità dei Nove) fu affidato al magistrato dei Fossi di Pisa.
La magistratura fu composta da nove cittadini eletti direttamente dal duca e in carica per sei mesi: cinque di essi facevano parte del Senato dei Quarantotto, due del Consiglio dei Dugento, due infine erano scelti fra i cittadini fiorentini. Accanto ai membri rotanti, si imposero tuttavia in seno alla magistratura dei funzionari stabili, anch’essi nominati dal duca, che assicurassero e coordinassero il controllo del centro sulla periferia: il cancelliere “principale” dei Nove e il Soprassindaco delle comunità.
Il cancelliere, che doveva essere sempre presente alle deliberazioni del magistrato, provvedeva alla spedizione delle cause, teneva memoria degli affari dell’ufficio per suggerirle ai magistrati, componeva lettere, licenze e polizze in nome del magistrato stesso, teneva aggiornata la nota delle cause pendenti, controllava l’ammissibilità delle elezioni dei cancellieri comunitativi e di quelle dei rettori di benefici di patronato di popolo; era coadiuvato da un sottocancelliere e da due aiuti di cancelleria.
Il soprassindaco, in qualità di protettore e difensore delle comunità, teneva i rapporti con i cancellieri e i giusdicenti fiorentini residenti nelle varie comunità del dominio, si occupava della conservazione dei beni e dell'amministrazione delle entrate, controllandone i proventi e gli estimi e sottoscrivendo i saldi presentati a ogni rendiconto dai camarlinghi; su tutte queste questioni aveva l'obbligo di riferire direttamente al principe; inoltre, dava licenza ai ministri dell'archivio per il rilascio di copie di documenti inerenti alla giurisdizione dello Stato.
Tanto il cancelliere quanto il soprassindaco dei Nove avevano il compito di controllare l’operato dei giusdicenti e dei cancellieri intrattenendo con essi un fitto carteggio. Uno dei problemi più urgenti da risolvere era stato, infatti, proprio quello di realizzare concretamente tale controllo anche sui territori più lontani e distanti. Già con l'istruzione del 6 aprile 1566, le visite periodiche di controllo effettuate dai ministri del Magistrato sul territorio erano state in qualche misura disciplinate; inoltre, a partire dal 1564, si era profilata una tendenza del magistrato centrale a inserirsi nel sistema di elezione dei cancellieri comunitativi (i notai responsabili a livello locale della redazione delle delibere comunali, della corretta tenuta delle scritture pubbliche, del corretto funzionamento e della legalità dell'attività di governo), fino ad allora gestito dal magistrato periferico che, riunito in consiglio generale, eleggeva il cancelliere secondo quanto stabilivano gli statuti della comunità stessa. Fu tuttavia nei primi anni del principato di Francesco I de’ Medici che si completò il processo di centralizzazione del controllo delle periferie attraverso la codificazione puntuale delle mansioni dei cancellieri comunitativi, detti “fermi” perché residenti nelle comunità del contado e del distretto: con l’Instrutione del 1575 (emanata in due versioni abbastanza omogenee, una per i cancellieri del contado, una per quelli del distretto) si compie un’evoluzione in senso politico della figura del cancelliere comunitativo, che diviene vero e proprio tramite tra centro e periferia, funzione quest’ultima che emerge, ad esempio, dalla direttiva che impone “ragguagli” tramite una corrispondenza costante con i Nove “di tutto quello che alla giornata li occorerà che sia degnio della notizia”.
A partire dal 1675 i Nove, come la gran parte delle magistrature centrali del Granducato, furono sottoposti all’esame di una Deputazione che, istituita il 23 settembre di quello stesso anno, ebbe il compito di elaborare una "Riforma generale e rinnovazione per tutti i magistrati e giusdicenti", poi effettivamente approvata dal Magistrato supremo il 12 agosto 1678. In relazione ai Nove, la Deputazione sottolineò il pessimo stato economico in cui versavano le comunità dello stato, quasi tutte aggravate da pesanti debiti. Per porvi rimedio, furono proposte una riduzione del numero dei camarlinghi subalterni, un maggiore controllo sul loro operato, una riduzione delle spese straordinarie e un ridimensionamento del potere del soprassindaco. Il soprassindaco fu, in effetti, abolito dal 1° settembre 1681 al 31 agosto 1693, ma fu reintegrato già a partire dal 1° settembre dello stesso anno, senza che gli effetti della riforma avessero apportato alcun sostanziale cambiamento.
Come risultato del clima di ripensamento istituzionale di quegli anni, all'interno della magistratura dei Nove vennero redatti alcuni manuali di gestione della cancelleria, rimasti a lungo in uso presso i suoi funzionari. Fra questi, ancora oggi strumenti preziosi per la comprensione e l'accesso alle carte prodotte dai Nove nell'esercizio delle loro funzioni, particolarmente significativo è quello attribuito a Pier Licinio Serrati, intitolato "Regolamenti del magistrato dei Nove" e databile intorno agli anni 1678-1680.
In epoca lorenese la magistratura dei Nove continuò a svolgere le proprie funzioni con le stesse attribuzioni e regolamenti che aveva avuto nel periodo mediceo, fino alla fine dell'agosto 1769 quando, in forza del motuproprio emanato da Pietro Leopoldo il 22 giugno, i Nove furono aboliti. Le loro competenze, unite a quelle dei soppressi Capitani di Parte e Ufficiali dei fiumi, passarono dunque, come i rispettivi archivi, alla Camera delle comunità, istituita per effetto del medesimo motuproprio.
Relazioni con altri soggetti produttori:Contesti storico-istituzionali di appartenenza:Complessi archivistici prodotti:Fonti:- ASFi, Cinque Conservatori del contado e del distretto fiorentino, 352 bis, cc. 70 e sgg., 24 ottobre 1561.
- ASFi, Consulta poi Regia consulta, Prima serie, 42, "Provvisione con la quale si riuniscono i due magistrati dei Cinque del contado e degli Otto di pratica e si crea l'uffizio dei IX Conservatori della Giurisdizione e Dominio fiorentino", 26 febbraio 1559.
- ASFi, Consulta poi regia Consulta, Prima serie, 545, cc. 451-464, "Piano della giurisdizione, governo e altro che si pratica et ha il Magistrato dei Nove conservatori della giurisdizione e dominio fiorentino", 25 settembre 1737.
- ASFi, Nove conservatori del dominio e della giurisdizione fiorentina, 3596. Alle cc. 1-190 si trova la copia del manuale di cancelleria redatto da Pier Licino Serrati.
Bibliografia:- Luca Mannori, Lo Stato del Granduca (1530-1859). Le istituzioni della Toscana moderna in un percorso di testi commentati, Pisa, Pacini, 2015, pp. 100-133
- Luca Mannori, Pensiero giuridico e storico-politico in Storia della civiltà toscana. III. Il Principato mediceo, a cura di Elena Fasano Guarini, Firenze, Le Monnier, 2003, pp. 311-331
- Augusto Antoniella, Cancellerie comunitative e archivi di istituzioni periferiche nello Stato vecchio fiorentino in Paola Benigni, Sandra Pieri (a cura di), Modelli a confronto. Gli archivi storici comunali della Toscana. Atti del Convegno di studi. Firenze 25-26 settembre 1995, Firenze, Edifir, 1996, pp. 19-25
- Luca Mannori, Il sovrano tutore. Pluralismo istituzionale e accentramento amministrativo nel Principato dei Medici (secc. XVI-XVIII), Milano, Giuffrè, 1994
- Carlo Vivoli, Paola Benigni, Progetti politici e organizzazione degli archivi: storia della documentazione dei Nove Conservatori della giurisdizione e dominio fiorentino in Rassegna degli Archivi di Stato, XLIII (1983), pp. 32-35 e passim
- Elena Fasano Guarini, Città soggette e contadi nel dominio fiorentino tra Quattro e Cinquecento: il caso pisano in Ricerche di storia moderna, I (1976), pp. 1-94
- Elena Fasano Guarini (a cura di), Lo Stato mediceo di Cosimo I, Firenze, Sansoni, 1973, p. 51
- Antonio Anzilotti, La costituzione interna dello Stato Fiorentino sotto il duca Cosimo I de' Medici, Firenze, Francesco Lumachi, 1910, pp. 79-81
- Antonio Anzilotti, Cenni storici sugli archivi delle magistrature soprintendenti al dominio conservati nell'Archivio di Stato di Firenze in Archivio storico italiano, s. V, XLIV, 1909, pp. 357-368
Redazione e revisione:- D'Angelo Fabio, 28-FEB-22, rielaborazione
- Floria Silvia, rielaborazione
- Valgimogli Lorenzo, 16-OTT-01, prima redazione