1861 - 1946
Nel corso della seconda guerra di indipendenza (1859) Giuseppe Garibaldi occupò la Lombardia mentre le truppe franco-piemontesi sconfissero quelle austriache. Insurrezioni in Toscana, ove al granduca Leopoldo II subentrò una Reggenza assunta dal conte Carlo Boncompagni, nominato da Vittorio Emanuele II, poi nelle Legazioni pontificie e nei Ducati padani, che chiesero l'annessione al Regno di Sardegna e ottennero l'invio di commissari regi, Diodato Pallieri a Parma, Luigi Carlo Farini a Modena, Massimo D'Azeglio nelle Legazioni; al contrario, i moti verificatisi nelle Marche e nell'Umbria vennero repressi. Fu con l'armistizio di Villafranca, concluso da Napoleone III di Francia e Francesco Giuseppe I d'Austria l'11 luglio 1859, che furono poste le premesse per la fine della seconda guerra d'indipendenza, detrminando la cessione della Lombardia, salvo Mantova, al Regno di Sardegna, e il ritiro da parte dei Savoia dei commissari regi dall'Italia centrale, ove, senza intervento armato dell'Austria, sarebbero ritornati i sovrani spodestati. Quando il governo sabaudo, guidato da Alfonso Ferrero La Marmora (subentrato nel luglio a Camillo Cavour che si era dimesso) richiamò i commissari regi, le popolazioni dell'Italia centrale elessero dei governi provvisori, cui furono delegati i pieni poteri per preparare l'annessione al Regno di Sardegna. Tornato al governo nel marzo 1860, Cavour promosse, con l'appoggio britannico, i plebisciti dell'11 e 12 marzo, che sancirono l'annessione della Toscana, Emilia e Romagna allo Stato sabaudo. Nell'aprile successivo Nizza e la Savoia furono, invece, cedute alla Francia.
[espandi/riduci]Nell'Italia meridionale, intanto, fu rapidamente domata una rivolta scoppiata a Palermo mentre si preparava la spedizione dei Mille, affidata a Giuseppe Garibaldi, che nel maggio 1860 occupò la Sicilia orientale, assumendone la dittatura in nome di Vittorio Emanuele II e, nel mese di luglio, conquistò anche il resto dell'isola. Le truppe garibaldine risalirono poi la penisola, arrivando a Napoli il 7 settembre e sconfiggendo definitivamente l'esercito borbonico nella battaglia del Volturno (1-2 ottobre). Nel frattempo le truppe sabaude avevano occupato le Marche e l'Umbria che, con voto plebiscitario, proclamarono la loro annessione al Regno di Sardegna. Suito dopo fu l'Italia meridionale a votare per l'annessione e, con l'incontro di Teano tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi, il 26 ottobre, si concluse l'impresa dei Mille. Poco più tardi sopravvenne la morte di Cavour.
Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II venne proclamato re d'Italia mentre il 18 febbraio fu inaugurato a Torino il primo Parlamento italiano: lo Statuto albertino, concesso da Carlo Alberto nel 1848, divenne la carta del nuovo Stato, che si modellò sulla legge cavouriana del 1853 in un ordinamento per ministeri e si incardinò a livello territoriale sulla figura del prefetto che rappresentava in ogni provincia il governo centrale ed esercitava il controllo politico ed economico sulle amministrazioni provinciali e comunali e sulle amministrazioni periferiche dello Stato. Dopo una prima fase in cui rimasero in vigore alcune norme degli stati preunitari e operarono varie amministrazioni stralcio, venne avviata la complessa unificazione amministrativa e giudiziaria che vide la luce a partire dalle numerose norme emanate nel 1865.
A seguito della terza guerra di indipendenza (1866) il Regno d'Italia ottenne la cessione del Veneto e di Mantova dall'Austria, mentre fallirono i tentativi di Garibaldi (1862 e 1867) per conquistare Roma. Prevalse così una linea diplomatica che comportò il trasferimento della capitale da Torino a Firenze, nel 1864, in cambio dell'impegno di Napoleone III a ritirare le sue truppe da Roma. Quando, per le necessità della guerra franco-prussiana, tale ritiro avvenne, le truppe italiane avviarono un'azione di forza contro lo Stato della Chiesa, entrando a Roma il 20 settembre 1870; con un successivo plebiscito anche Roma e il Lazio vennero annessi al Regno d'Italia e, nel 1871, Roma fu proclamata capitale d'Italia.
In base allo Statuto albertino l'Italia era una monarchia costituzionale, ma di fatto si instaurò un processo, per altro non lineare e non privo di contrasti, di attuazione di una forma di monarchia parlamentare. Con Vittorio Emanuele II, il Quirinale divenne sede del sovrano e della Real casa.
La Destra governò il paese fino al 1876, quando subentrò la Sinistra, che rimase al potere fino alla crisi di fine secolo con i suoi esponenti più rappresentativi, tra cui Agostino Depretis e Francesco Crispi. Venne ampliata la base elettorale e un nuovo Codice penale (1889, codice Zanardelli) abolì la pena di morte. Tra la fine degli anni Ottanta e i primi degli anni Novanta, il nome di Crispi si legò a numerose riforme, che portarono alla riorganizzazione dell'amministrazione centrale, con un rafforzamento dei poteri del governo, e determinarono importanti interventi innovativi in settori quali la sanità e l'assistenza pubblica. Nei ministeri al segretario generale subentrò il sottosegretario di Stato; si procedette al riordinamento del Consiglio di Stato e all'istituzione di una sezione per la giustizia amministrativa; venne istituita la Giunta provinciale amministrativa come organo di controllo sugli atti della provincia, del comune e delle istituzioni pubbliche di beneficenza e come organo con funzioni di giudice amministrativo; i sindaci delle città maggiori divennero elettivi.
Il 29 luglio 1900 re Umberto I venne assassinato a Monza. Dall'inizio del nuovo secolo fino al 1914 la scena politica fu dominata dalla figura di Giovanni Giolitti che consolidò una prassi di governo liberale, riconoscendo il diritto di sciopero, mantenendo neutrale il governo nei conflitti di lavoro e attuando una serie di riforme di carattere sociale e di decentramento amministrativo; nel 1912 venne approvato il suffragio universale maschile.
Quando nel 1914 ebbe inizio la prima guerra mondiale, che vedeva da una parte la Germania e l'Austria-Ungheria e dall'altra la Francia, la Russia e l'Inghilterra, l'Italia - legata alle potenze centrali dalla Triplice alleanza - dichiarò inizialmente la sua neutralità (3 agosto 1914). Nell'aprile 1915 il governo Salandra stipulò con l'Intesa il Patto di Londra, abbandonando la Triplice nel maggio successivo. Il 24 maggio l'Italia dichiarò guerra all'Austria-Ungheria e il 4 novembre 1918, ormai al termine del conflitto, le truppe italiane entrano a Trento e a Trieste. Tra il gennaio 1919 e l'agosto 1920 si riunì a Parigi la Conferenza della pace che ridisegnò l'assetto europeo dopo il crollo dell'Impero austro-ungarico e dell'Impero ottomano, stabilendo altresì la costituzione della Società delle nazioni, con sede a Ginevra. L'Italia ottenne il Trentino, il Tirolo meridionale (Alto Adige), il Friuli (Gorizia), Trieste e l'Istria e nelle nuove province venne instaurato un governo civile e militare. Non vennero, invece, riconosciute le pretese italiane sulla Dalmazia e nei Balcani, né le aspirazioni coloniali in Africa. Nel settembre 1919 un gruppo di militari ribelli guidati da Gabriele D'Annunzio occuparono la città dalmata di Fiume. Dopo difficili trattative e tensioni con il Regno di Jugoslavia, nel Natale 1920 il governo occupò militarmente la città, che nel 1924 venne annessa all'Italia.
Nonostante la vittoria nel primo conglitto mondiale, il paese entrò in una fase di grave crisi politica e sociale, connessa al crollo dell'industria, alla disoccupazione, alla svalutazione della lira e all'aumento dei prezzi, che portò ad una serie di agitazioni popolari, soprattutto nel biennio 1919-1920.
Il 23 marzo 1919 si costituì a Milano il movimento dei Fasci italiani di combattimento, ispirato da Benito Mussolini, in cui confluiscono socialisti rivoluzionari e nazionalisti, con ampi consensi della piccola borghesia urbana e rurale; nel novembre 1921 il movimento si trasformò in Partito nazionale fascista (PNF). La classe dirigente liberale, messa in crisi dalla crescita elettorale dei partiti di massa (elezioni politiche del 1919, con il sistema proporzionale) e dall'estensione dei conflitti sociali, non riuscì a governare la situazione. Nell'ottobre 1922 le milizie fasciste, guidate da un quadrumvirato (Balbo, De Vecchi, De Bono, Bianchi) effettuarono una marcia su Roma e ottennero dal re l'incarico di governo per Mussolini.
Il primo governo Mussolini incluse i nazionalisti (che poi confluiscono nel PNF), i liberali e i popolari, estromessi nel 1923, quando, con la legge Acerbo, venne abolito il sistema proporzionale e si instaurò un sistema maggioritario che assegnava i 2/3 dei seggi alla maggioranza. Immediatamente dopo le squadre fasciste vennero organizzate in Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN) e inquadrate tra le forze armate. A seguito dell'assassinio del deputato socialista riformista Giacomo Matteotti (10 giugno 1924), i deputati dell'opposizione abbandonano la Camera in segno di protesta (secessione dell'Aventino). Forte dell'appoggio del sovrano, che gli riconfermò l'incarico, Mussolini il 3 gennaio 1925 dichiarò in Parlamento di assumere su di sé la responsabilità politica, morale e storica di quanto era avvenuto e impresse una svolta autoritaria alla crisi.
Si apriva così una fase di sospensione della tradizione liberale e parlamentare del paese, che - stravolgendo lo Statuto albertino, mai formalmente abrogato - portò gradualmente all'instaurazione di un regime dittatoriale, mediante l'approvazione di un complesso organico di leggi. Dopo le leggi fascistissime del 1925-1926, che conferirono un ampio potere regolamentare al governo e, in particolare, un ruolo preminente al presidente del consiglio denominato capo del governo, vennero approvate leggi che soppressero la libertà di stampa e di riunione, i partiti politici, il diritto di sciopero e la pluralità delle associazioni sindacali, l'elettività dei sindaci e dei presidenti delle province. Nel 1926 entrò in vigore il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e furono riorganizzati i servizi di polizia con un forte potenziamento di quella politica e delle neo costituite zone OVRA (organizzazione vigilanza repressione antifascismo). Mutò anche il sistema elettorale annullando di fatto la libera espressione del diritto di voto. Già nel 1922 era stato istituito il Gran consiglio del fascismo, che secondo la riforma del 1928, doveva esprimere l'indirizzo politico del PNF e del governo e assunse competenze in materia costituzionale vincolanti anche per la Corona (competenza in materia di successione al trono). Mussolini fu proclamato duce del fascismo. Per quanto attiene all'organizzazione dello Stato, fu modificata la disciplina del pubblico impiego e furono accentuati i poteri della pubblica sicurezza e del capo della polizia, con un pervasivo sistema di controllo politico sugli antifascisti e sugli stessi fascisti. Le leggi di polizia vennero armonizzate al nuovo Codice penale (codice Rocco), approvato nel 1930, che introdusse i reati politici; venne istituito il Tribunale speciale per la difesa dello Stato e introdotta la pena di morte. Gli antifascisti furono arrestati o destinati al confino o costretti a emigrare all'estero. Furono riorganizzati la scuola e, soprattutto, i rapporti di lavoro e il sistema produttivo attraverso l'ordinamento corporativo. Nel corso degli anni si procedette ad includere in tutti gli organi collegiali della pubblica amministrazione rappresentanti del PNF. In parallelo all'ordinamento periferico del Ministero dell'interno (prefetture e questure), si costituì un'organizzazione territoriale basata sulle federazioni provinciali del partito, dotate di propri uffici politici e facenti capo al direttorio del PNF. Furono istituite organizzazioni collaterali come l'Opera nazionale dopolavoro, Opera nazionale balilla, Gioventù italiana del littorio, Opera nazionale combattenti. Venne altresì organizzata una articolata struttura per la propaganda in Italia e all'estero e si organizzò un sistema di censura cinematografica e teatrale. In questo periodo si svilupparono numerosi enti pubblici, affidati spesso a tecnici, con funzioni nel settore dell'economia, della previdenza e assistenza, della salute, della cultura. Venne anche emanata una importante legge bancaria e, nel 1942, un nuovo codice civile. Nel febbraio 1929, il governo fascista concluse con la Santa Sede i Patti lateranensi, che inclusero il concordato con cui si pose fine alla questione romana; venne creato lo Stato Città del Vaticano e si procedette al riconoscimento della religione cattolica come unica religione dello Stato, insegnata nelle scuole. Fin dall'inizio il Parlamento venne esautorato e la Camera dei deputati perse la sua configurazione a seguito della trasformazione, nel 1939, in Camera dei fasci e delle corporazioni (1939). Nel 1938-1939 furono promosse le leggi razziali, con cui si avviò una politica di discriminazione e persecuzione nei confronti degli ebrei.
Nel 1939, allo scoppia la guerra tra la Germania nazista e le potenze occidentali, l'Italia dichiarò lo stato di non belligeranza, entrando in guerra successivamente, il 10 giugno 1940, occupando la Francia. La guerra si estese in Africa e nei Balcani. Nell'aprile del 1941, a seguito dell'occupazione italo-tedesca della Jugoslavia, si costituì il regno del Montenegro sotto protettorato italiano; la Slovenia venne divisa in due parti, una delle quali assegnata all'Italia; venne anche creato lo Stato di Croazia per il duca Aimone di Savoia Aosta e Zara divenne il capoluogo del Governatorato della Dalmazia, che includeva anche le province di Spalato e di Cattaro. L'Italia occupò la Grecia, la cui capitolazione fu imposta dai tedeschi; Corfù, occupata anch'essa dagli italiani, fu governata come entità autonoma dalla Grecia. Il 14 agosto 1941 il presidente americano Roosvelt e il premier inglese Churchill, firmarono la Carta atlantica, una dichiarazione congiunta sul principio di libertà dei popoli. L'attacco dei giapponesi, alleati alla Germania nazista, alla flotta americana nella baia di Pearl Harbour nelle Hawaii (7 dicembre 1941), determinò l'entrata in guerra degli Stati Uniti, al fianco dell'Inghilterra, della Francia e della Russia.
Tra il 9 e il 10 luglio 1943, gli anglo-americani sbarcarono in Sicilia ed entrarono a Palermo organizzandovi un Governo militare alleato (Allied Military Government of Occupied Territories, AMGOT, poi solo AMG) per il conseguimento di vari obiettivi: sicurezza per le forze occupanti e per le linee di comunicazione; ristabilimento dell'ordine e delle normali condizioni di vita per la popolazione civile; assistenza e utilizzazione delle risorse economiche del territorio occupato per le forze occupanti; governo del territorio in funzione degli obiettivi politico-strategici volti a sconfiggere i tedeschi, eliminare il regime fascista e liberare i prigionieri politici. L'amministrazione militare del territorio si svolse attraverso un Quartier generale (Headquarters), i locali ufficiali degli affari civili (CAO, Civil Affairs Officiers) in collaborazione con gli ufficiali di polizia civile (CPO, Civil Police Officiers), con la polizia militare (MP, Military Police) e le unità combattenti del luogo. La scelta dei prefetti fu affidata alla decisione dei governi alleati. Il gen. Alexander, in virtù dell'autorità conferitagli dal comandante in capo delle Forze alleate, gen. Eisenhower, si insediò quale governatore militare della Sicilia e annunciò la sospensione dei poteri del Regno sull'isola.
Il governo fascista, indebolito dai bombardamenti e dalle privazioni di guerra, incapace di reagire agli scioperi di marzo a Torino e a Milano, minacciato dallo sbarco alleato in Sicilia, perse il sostegno della popolazione e la fiducia di parte dei gerarchi. Nella riunione del Gran consiglio del fascismo del 25 luglio 1943 venne votata su sollecitazione di Grandi, Bottai e Ciano, la sfiducia al duce che, su ordine del re, venne arrestato. Si formò così il governo Badoglio che nell'arco di "quarantacinque giorni" sciolse il PNF e liberò una parte degli oppositori del regime che si trovavano in carcere o al confino, rimanendo tuttavia al fianco della Germania che procedeva all'invio di truppe sul suolo italiano. Solo l'8 settembre, in seguito alla divulgazione dell'armistizio (firmato il 3 settembre, a Cassibile), il governo Badoglio dichiarò la cessazione delle ostilità nei confronti degli anglo-americani e si limitò a ordinare di reagire a eventuali attacchi di altra provenienza. Il 9 settembre il re e il governo abbandonarono la capitale rifugiandosi a Brindisi, mentre gli americani sbarcavano a Salerno; l'esercito italiano rimase sui vari fronti senza alcun coordinamento centrale, esposto alle rappresaglie dei tedeschi. I tedeschi assunsero il controllo dei territori non occupati dagli anglo-americani e occuparono Roma, che venne dichiarata "città aperta". Con ordinanza di Hitler del 10 settembre 1943 furono costituite la Zona d'operazioni Prealpi (Bolzano, Trento e Belluno) e la Zona d'operazioni Litorale Adriatico (Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana) sotto la diretta amministrazione tedesca.
Il 12 settembre i tedeschi liberano Mussolini che, il 23 settembre, instaurò con l'aiuto della Germania la Repubblica sociale italiana (RSI), con centro a Salò sul lago di Garda. Furono rese molto più dure le leggi razziali e agli ebrei - equiparati a stranieri di nazionalità nemica - venne imposto l'internamento e la confisca dei beni. Mussolini cercò di ricostituire l'esercito e organizzò gruppi di milizie, la Guardia nazionale repubblicana (GNR) che subentrò alla MVSN, e le Brigate nere, squadre d'azione che avevano l'obiettivo di continuare la guerra a fianco della Germania e combattere i primi nuclei armati del movimento partigiano, coordinati dal Comitato di liberazione nazionale (CLN), cui aderirono tutti i partiti antifascisti: Partito comunista italiano (PCI), Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP), Partito d'azione (PdA), Democrazia cristiana (DC), Partito liberale (PLI), Democrazia del lavoro. Il CLN assunse poteri istituzionali e condusse la guerra di liberazione contro i nazi-fascisti a fianco degli alleati, articolandosi in CLN-Centrale e CLN-Alta Italia e in CLN regionali e provinciali. Il 13 ottobre, quando gli alleati entrarono a Napoli, già liberata da un'insurrezione popolare, e il fronte si stabilizzò a Cassino, il governo Badoglio dichiarò guerra alla Germania. Ebbe così inizio la cobelligeranza italiana al fianco degli alleati.
Il regime di occupazione in Sicilia si mantenne anche dopo la firma dell'armistizio di Cassibile, ma la presenza del re e del governo italiano a Brindisi consentì la costituzione del Regno del Sud in continuità con il Regno d'Italia: Brindisi, Bari, Taranto e Lecce furono formalmente sottratte al GMA. L'11 febbraio 1944 il gen. Alexander sancì la fine dell'amministrazione alleata in Sicilia e il ritorno del governo italiano nell'isola sotto la supervisione della Commissione alleata di controllo, che in realtà era già operante dal novembre del 1943 e che esercitava il controllo sulla condotta del governo italiano, cui poteva anche impartire disposizioni. Tale organismo mantenne i suoi poteri di supervisione ancora per qualche anno, sostanzialmente fino al trattato di pace. Nel gennaio 1944 gli alleati sbarcarono ad Anzio e Nettuno, mentre a maggio riescirono a sfondare il fronte a Cassino. A febbraio il governo italiano si spostò a Salerno dove si formò un secondo governo Badoglio che fece seguito alla "svolta di Salerno", cioè alla proposta di Palmiro Togliatti, esponente del PCI appena rientrato da Mosca, volta a trovare un compromesso tra i partiti antifascisti, la monarchia e Badoglio al fine di consentire un governo di tutte le forze rappresentate nel CLN.
Il 4 giugno 1944 Roma fu liberata e il governo rientrò nella capitale. Nacque così una Luogotenenza del Regno, affidata al principe Umberto. Con d.l.lgt 25 giugno 1944, n. 151, si stabilì che la scelta della forma istituzionale sarebbe stata affidata, dopo la liberazione del territorio nazionale, ad una Assemblea costituente che avrebbe deliberato una nuova costituzione. Al CLN-Alta Italia, che di fatto e non senza difficoltà coordinava la lotta partigiana contro i nazi-fascisti, fu conferita la rappresentanza del governo italiano nei territori occupati dai tedeschi. Nel settembre il fronte si stabilizzò lungo la linea gotica (da Rimini al Tirreno) e nella RSI proseguì la lotta partigiana. Per la parte dell'Italia liberata, venne subito avviato un processo di epurazione e di condanna per i reati fascisti più gravi e di collaborazionismo con i nazi-fascisti che si protrasse fino al 1947: la farraginosità delle norme e una sostanziale mancanza di volontà politica, unite ad un impegno di pacificazione (amnistia Togliatti, nel 1946), resero di fatto inefficace l'epurazione. Intanto, nella RSI, con il processo di Verona, Mussolini condannò e giustiziò i membri del Gran consiglio del fascismo che avevano votato contro di lui.
Nell'aprile 1945 gli alleati sfondarono la linea gotica e ad attraversarono il Po, mentre l'insurrezione generale del movimento partigiano sostenne e talora precedette la liberazione di varie città. Il 25 aprile le forze tedesche e fasciste furono costrette alla capitolazione. Mussolini, che aveva tentato la fuga in Svizzera travestito da ufficiale tedesco, fu catturato dai partigiani e fucilato il 28 aprile.
Il trattato di pace venne firmato il 10 febbraio 1947: l'Italia rinunciò alle colonie africane, all'Albania, al Dodecaneso, all'Istria, Fiume e Zara e alle località di confine, Briga e Tenda; mantenne, invece, l'Alto Adige, mentre si aprì la questione di Trieste, rivendicata sia dall'Italia che dalla Jugoslavia. Nel 1946 era stato creato il Territorio libero di Trieste, sottoposto all'amministrazione anglo-americana (Zona A: Trieste e dintorni) e all'amministrazione jugoslava (Zona B: da Capodistria a Cittanova).
Con d.lgs.lgt. 16 marzo 1946, n. 98, si decise di affidare alla consultazione popolare non solo l'elezione dell'Assemblea costituente, ma anche la scelta della forma istituzionale. Nel mese di maggio il re Vittorio Emanuele III abdicò in favore del figlio Umberto. Il 2 giugno 1946 l'elettorato, comprensivo anche delle donne, fu chiamato a pronunciarsi tra Monarchia e Repubblica e ad eleggere l'Assemblea costituente. Prevalse la Repubblica, sia pure con uno scarto limitato di voti, e il 10 giugno la Corte di cassazione proclamò ufficialmente la nascita della Repubblica italiana. Dal giorno della proclamazione dei risultati del referendum e fino all'elezione del Capo provvisorio dello Stato, le relative funzioni furono esercitate dal presidente del Consiglio dei ministri, Alcide De Gasperi. L'Assemblea costituente elesse il 28 giugno 1946 Enrico De Nicola Capo provvisorio dello Stato. Durante il periodo della Costituente e fino alla convocazione del Parlamento, a norma della nuova costituzione, il potere legislativo restò delegato al Governo, ad eccezione delle leggi elettorali e delle leggi di approvazione dei trattati, le quali furono deliberate dall'Assemblea.
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Bibliografia:- Ilaria Pescini, L'Archivio preunitario del Comune di San Casciano val di Pesa, 2009
Redazione e revisione:- Prima redazione nel Sistema Guida generale degli Archivi di Stato italiani
- Santolamazza Rossella, redazione centrale SIAS