Nello Stato della Chiesa, nelle province di prima recupera, il delegato apostolico mons. Agostino Rivarola, abolendo tutta la legislazione napoleonica ad eccezione di quella sul sistema ipotecario, aveva ripristinato le preesistenti magistrature pontificie e, quindi, tutti i tribunali (editto del 13 mag. 1815). Nelle province di seconda recupera, invece, con l'editto del segretario di Stato card. Consalvi del 5 lug. 1815 (che conservava il codice di commercio, esteso nel 1821 a tutto lo Stato, e i tribunali di commercio, nonché la legislazione ipotecaria) venne istituito provvisoriamente un tribunale civile in tutti i luoghi nei quali fosse esistito al momento della restaurazione pontificia, confermando, in pratica, l'organizzazione giudiziaria del periodo napoleonico. Questo tribunale era composto da tre giudici e giudicava in prima istanza le cause del valore superiore a cento scudi e in appello le cause di minor valore dalle sentenze dei giusdicenti locali (artt. 22-35).
[espandi/riduci]Tale normativa fu superata dal motuproprio del 6 lug. 1816, che istituì un tribunale civile di prima istanza in ogni capoluogo di delegazione. Nelle delegazioni di prima classe era formato da sette membri, cinque giudici e due aggiunti, e poteva essere diviso in due turni o sezioni, ognuna composta da tre membri, cioè da tre giudici o da due giudici ed un aggiunto; nelle delegazioni di seconda e terza classe era formato da quattro membri, cioè tre giudici ed un aggiunto. I giudici, come in tutti i tribunali, erano di nomina sovrana (art. 67); nei tribunali civili di prima istanza delle delegazioni dovevano avere compiuto venticinque anni, essere laureati, aver esercitato il foro almeno per tre anni, essere "di onesti natali" e di irreprensibile condotta (art. 68). Uno di essi, inoltre, faceva parte del tribunale criminale della delegazione (art. 77).
Il tribunale lavorava collegialmente con l'intervento di almeno tre membri (art. 31); ne era presidente il giudice più anziano (art. 30). Giudicava, in primo grado, tutte le cause, tranne quelle minori di competenza dell'assessore e quelle riservate a giurisdizioni speciali; in grado di appello, le cause di competenza in primo grado dei governatori e degli assessori (art. 33; l'art. 34 definiva la procedura). L'appello dalle sentenze del tribunale civile era portato dinanzi ai tribunali di appellazione. [ Nello Stato della Chiesa, in tutti i giudizi, due sentenze conformi formavano la cosa giudicata, mentre per due sentenze difformi era prevista la terza istanza dinanzi ai tribunali di appellazione di Roma (art. 48) ].
Nella delegazione di Urbino e Pesaro, l'unica nel 1816 con due capoluoghi, il tribunale di prima istanza fu istituito a Pesaro, residenza del delegato. Poco tempo dopo, con notificazione del segretario di Stato del 22 mar. 1817, "la provincia di Urbino, componente la delegazione di Urbino e Pesaro" fu suddivisa in due parti per l'esercizio della giurisdizione sia civile che criminale, una parte "superiore" comprendente i luoghi di montagna, l'altra "inferiore" comprendente la pianura (art. 1); per le località della parte "inferiore" rimase invariata l'organizzazione dei due tribunali, civile e criminale, di Pesaro, mentre per la parte "superiore" fu istituito in Urbino un altro tribunale civile formato, come i tribunali di prima istanza delle delegazioni di prima classe, da sette membri, cioè cinque giudici e due aggiunti; anch'esso poteva dividersi in due turni o sezioni (art. 4).
Con il codice di procedura civile del 22 nov. 1817, i tribunali civili di prima istanza giudicarono anche le cause superiori al valore di cento scudi relative alle materie annonarie (le cause minori appartenevano ai governatori ed agli assessori), tranne che nelle province annonarie, cioè Civitavecchia, Viterbo, Rieti e Frosinone, oltre a Roma e Comarca, per le quali giudicava il prefetto dell'annona in Roma (art. 865); l'appello era portato dinanzi ai rispettivi tribunali d'appello (artt. 867 e 868).
Leone XII, con il motuproprio del 5 ott. 1824, decretò la soppressione dei tribunali civili collegiali di primo grado e l'istituzione, in loro vece, di giudici singoli; furono pertanto soppressi tutti i tribunali di prima istanza delle legazioni e delle delegazioni e sostituiti con il pretore (art. 25). Furono però abilitati a giudicare le cause civili, laiche e tra laici, anche le curie ecclesiastiche ed i loro vicari generali nelle rispettive diocesi, per qualunque somma purché con il consenso delle parti, ferma restando la privativa giurisdizione nelle materie di loro competenza (art. 26); la stessa prerogativa per le cause civili fu accordata al tribunale del vicariato di Roma (art. 27).
I tribunali civili di prima istanza furono richiamati in vita con il regolamento per la giustizia civile del 5 ott. 1831 (art. 18) e ben presto trasformati in tribunali civili e criminali con il regolamento di procedura criminale del 5 novembre 1831 (art. 20).
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- Lodolini Tupputi Carla, prima redazione