Nascita: Montegranaro (Ascoli Piceno), 17 novembre 1882
Morte: Roma, 11 marzo 1957
Professioni, titoli, qualifiche:- Avvocato, politico, giornalista, scrittore per il periodo 1907 - 1957
Intestazioni di autorità:- Conti, Giovanni, senatore (Montegranaro 1882 - Roma 1957), SIUSA/NIERA
Note biografiche:Giovanni Conti nacque il 17 novembre 1882 a Montegranaro (Ascoli Piceno) da David, piccolo proprietario terriero e dall'insegnante Livia Germozzi. Il padre lo educò agli ideali repubblicani, tanto che, appena sedicenne, Giovanni aderì al Partito repubblicano fondato solo tre anni prima.
Negli stesse anni iniziò la sua attività di propaganda e proselitismo repubblicano fra i giovani del Liceo-Ginnasio statale di Fermo e nell'"Ennio Quirino Visconti" di Roma, istituti presso i quali studiò.
Nel 1905 organizzò la sottoscrizione per l'erezione del monumento a Mazzini in occasione del centenario della nascita (1805-1872). Predicò il credo mazziniano, studiando nel contempo i grandi politici e filosofi dell'Ottocento, tra i quali Mazzini, Cattaneo, Bovio e soprattutto Arcangelo Ghisleri, con cui poi intrattenne un rapporto di amicizia ed un lunghissimo scambio epistolare.
Nel 1905 diede alla stampa, a Roma, l'opuscolo "La questione meridionale" e "Il Partito repubblicano"; nel 1906, fondò a Fermo, il giornale "La Giustizia"; curò numeri unici per il centenario della nascita di Garibaldi e per le ricorrenze del I° maggio.
[espandi/riduci]Nel 1907 fondò la "Libreria Politica Moderna".
Nel 1908 conseguì la laurea in giurisprudenza. Nello stesso anno scrisse per "La Ragione" diretto dal suo maestro ed amico Ghisleri, allora trasferitosi a Roma, e fu nominato primo presidente della locale associazione "Lega Anticlericale", costituita a Montegranaro nel 1908.
Dal 1909 iniziò la sua formazione professionale nello studio dell'avvocato penalista Ubaldo Comandini. Oltre che quello di Comandini, frequentò anche lo studio legale di Federico Zuccari, dove ebbe l'opportunità di conoscere i maggiori esponenti politici e culturali della democrazia repubblicana.
All'interno del PRI assunse una posizione contraria alla politica estera italiana, in particolare manifestò opinioni contrarie alla guerra di Libia e al colonialismo in genere.
A questo proposito nel maggio del 1912, in occasione dell' XI Congresso d'Ancona, chiarì ogni dubbio, ribadendo la condanna dei cosiddetti libici, come venivano definiti gli uomini che avevano giustificato l'impresa coloniale. Conti entrò a far parte della Direzione Nazionale e della Commissione esecutiva come rappresentante della maggioranza, mentre il suo conterraneo Oliviero Zuccarini divenne segretario politico del partito.
Già da allora si dedicava allo svolgimento d'indagini sulle condizioni della popolazione delle Marche, dell'Umbria, dell'Agro romano.
Nel 1910 lasciò la redazione del giornale "La Ragione", che aveva contribuito a fondare nel 1907, pubblicando con Oliviero Zuccarini il periodico "L'Attesa" e rivolgendo il suo messaggio ai giovani attraverso le colonne de "L'Educatore".
Negli anni attorno al 1915, nel corso di uno dei suoi viaggi nelle Marche, conobbe la sua futura moglie Rosa Alessandrini, dalla quale ebbe tre figli.
In seguito allo scoppio della Grande Guerra iniziò anche per Conti il periodo militare che durò quasi tre anni. Dall'agosto del 1916 al maggio 1917 fu assegnato al 31° reggimento di artiglieria da campagna, di stanza in Ancona, e nel maggio del 1917, col grado di caporale, fu inviato sul fronte trentino, presso il Pasubio. Nel luglio successivo, mentre era ancora in Trentino fu nominato sottotenente della M.T. in artiglieria da fortezza e quindi trasferito al 3° reggimento di stanza a Roma.
Fu poi trasferito ad Ovada, in provincia d'Alessandria, e da qui nuovamente al fronte.
Fu congedato nel 1919.
Nel 1921 fu eletto deputato nel collegio di Roma per la XXVI Legislatura. Divenne primo direttore del quotidiano "La Voce Repubblicana" a cui dedicò gran parte della sua vita. Diede impulso alla ripresa organizzativa del partito e nel settore giovanile curò il giornale "L'Alba Repubblicana".
Con l'avvento del fascismo si impegnò in aspre battaglie, che ebbero ripercussioni all'interno del partito repubblicano: con Ghisleri e Zuccarini guidò la corrente intransigente e tradizionalista, più vicina a Mazzini e Cattaneo. Dal 1921 al 1924 Conti fu deciso avversario di Mussolini. Famosi sono i suoi interventi alla Camera contro il capo del fascismo e la monarchia.
Nel 1924 fu rieletto nella circoscrizione umbro-laziale per la XXVII Legislatura.
Nel gennaio 1925 il fascismo diventò una vera e propria dittatura, furono sciolti i partiti e i sindacati, ad eccezione di quelli fascisti, creando così le premesse di un regime a partito e a sindacato unico: nei Comuni i sindaci furono sostituiti con podestà.
Nel 1926, come partecipante al "gruppo dell'Aventino", Giovanni Conti decadde dal mandato parlamentare e nel 1928 venne radiato dall'albo dei procuratori "per indegnità politica, avendo praticato attività clandestina in contrasto con l'interesse della Nazione". Fu dichiarato sorvegliato speciale: veniva, infatti, fermato o strettamente controllato ad ogni ricorrenza, in coincidenza con le feste dello statuto ed in generale per gli eventi del regime.
Fu sorvegliato speciale, prima dalla polizia e quindi dall'OVRA, la famigerata polizia segreta fascista. Questa costante sorveglianza provocò una sostanziale riduzione della sua attività professionale; infatti, in pieno regime fascista nessuno o pochi avrebbero avuto il coraggio di rivolgersi ad un avvocato repubblicano costantemente vigilato dalla polizia.
Una volta reintegrato nella professione, sempre sorvegliato dalla polizia, fino al suo arresto - avvenuto nel 1938 - continuò la sua attività politica in clandestinità.
Anche nel periodo in cui era sottoposto a stretta sorveglianza riuscì ad essere un punto di riferimento per i suoi amici e a stampare clandestinamente un numero de "La Voce Repubblicana" su cui esponeva le sue opinioni anti-fasciste.
Il 10 giugno 1944, sotto la direzione di Conti, "La Voce" tornò ad avere una normale e costante edizione.
Nel frattempo Giovanni era ritornato anche tra i suoi contadini del Lazio, dell'Umbria, delle Marche, della Toscana, ad informarli che la Repubblica non è "un salto nel buio", "la Repubblica è ambiente per il civile conflitto d'interesse, di passioni, di aspirazioni, di volontà, è esame continuo di tutti i pensieri e garanzia di prevalenza di ogni interesse legittimo. La Repubblica è l'attuazione della democrazia, che è il metodo per il quale si risolvono e si avviano a soluzione tutti i problemi della nostra vita".
Dal 20 ottobre 1945 al dicembre 1946, diresse "La Costituente", la prestigiosa rivista di cultura e politica dallo stesso fondata dopo la Liberazione.
In quel periodo si trovò in contrasto con Pacciardi, subentratogli nella direzione de "La Voce Repubblicana", e nel novembre del 1945 si dimise dalla Direzione del Partito Repubblicano, che nel febbraio del 1946 dedicava invece i lavori del suo congresso nazionale all'esame di un progetto di Costituzione repubblicana dello Stato, elaborato da Giovanni Conti con la collaborazione di Tomaso Perassi.
Il 2 giugno 1946 gli italiani furono chiamati alle urne, oltre che per il referendum istituzionale tra Repubblica e Monarchia, anche per eleggere i membri dell'Assemblea Costituente, e Conti fu eletto deputato alla Costituente nel collegio Roma-Viterbo-Frosinone con 57.558 voti preferenziali, e nel medesimo Collegio furono eletti Giulio Andreotti, Giuseppe Saragat, Paolo Bonomi, Aldo Bozzi.
Il 25 giugno 1946 la Costituente lo elegge fra i suoi vice-presidenti.
Fece parte della "Commissione dei 75" per l'elaborazione del progetto di Costituzione alla cui stesura partecipò.
L'attività di giornalista, scrittore ed editore fu notevole: scrisse numerosissime opere di ispirazione repubblicana e mazziniana, tra cui "Il pensiero politico e sociale di Mazzini"e "Mazzini e la questione economica". Dal 1946 al 1947 diresse "L'Edera", nel 1948 "La Bandiera del popolo". Nel 1948 fu nominato senatore di diritto (perché già eletto in tre legislature). In quegli anni si batté vigorosamente per una nuova politica agraria e per la soluzione dei problemi economici della vita nazionale.
Nel 1950 riesplose un dissidio con l'avvocato Pacciardi: in netto contrasto con la politica degli "schieramenti" e delle formule attuata, Giovanni Conti arrivò, addirittura, alla sofferta ma ragionata decisione di dimettersi dal partito. Pacciardi mise in minoranza il suo maestro, definendolo "insulso pedagogo della democrazia".
Alla fine del 1956 il Consiglio nazionale, con Pacciardi, Reale e La Malfa, all'unanimità firmò un documento che invitava Conti a rientrare nel partito, cosa questa, che, dopo tante insistenze, stava infine per fare, ma ad una condizione: non voleva clamore.
L'attività di Conti come scrittore e giornalista continuò con la direzione di "Gioventù libera" dal 1954 al 1956.
Conti fu un uomo d'azione in ogni momento, ma fu soprattutto maestro nel senso più alto della parola; la scuola repubblicana ebbe in lui un cultore assiduo e appassionato e un testimone intransigente. Amò il partito di un amore esclusivo, di qui gli sdegni, le proteste, anche contro gli amici. Quando la sua passione lo portò ad allontanarsi dal Partito, egli rimase comunque fedele ad esso. Egli mise il suo gran cuore e la sua mente eletta a servizio di un'idea, sempre pronto a battersi per essa nella maniera più completa e più nobile. I suoi scritti, ispirati alla scuola repubblicana italiana, densi di pensiero, illuminati, sono il segno di un animo nobile, di una mente chiara ed aperta a tutti i problemi
della società. La sua oratoria, la sua cultura repubblicana, anche la sua figura fisica incutevano rispetto e ammirazione. L'interesse per i problemi sociali lo trovò sempre in prima linea in difesa dei diseredati e dei più deboli. Scoprì l'Italia piena, come si legge in alcuni suoi appunti, "di tanti malarici, pellagrosi, tramatosi e tubercolosi, tanti ettari di terra incolta, tanti omicidi, furti, rapine, tanti analfabeti e tanti emigranti". Conobbe paese per paese l'Agro romano e poi la Maremma toscana, il Meridione e la Calabria in particolare. Nutrì costantemente preoccupazione per le sorti dell'Italia rurale, l'Italia dei villaggi montani, dei casolari sperduti, degli agricoltori, degli artigiani, dei piccoli commercianti.
Fu strettamente legato alla realtà italiana, concreto operatore delle modifiche delle realtà locali e un "patito" delle autonomie, delle iniziative locali, dell'autogoverno in particolare.
Morì a Roma l'11 marzo 1957.
Luoghi e/o aree geografiche: Roma
Complessi archivistici prodotti:Bibliografia:- LETIZIA GUIDI (a cura di), Giovanni Conti e la sua terra d'origine. Il rapporto mai interrotto con Montegranaro e il territorio attraverso le carte del Senatore Giovanni Conti, affinità elettive, 2007
- L. GUIDI (a cura di), Giovanni Conti e la Costituente. Le vicende politiche dei primi cinquant'anni del Novecento attraverso le carte del senatore Giovanni Conti, affinità elettive, 2007
- G. CASTIGNARI (a cura di), Giovanni Conti nella storia della politica italiana, Ancona, Istituto per la Storia del Movimento Democratico e Repubblicano nelle Marche, 1991
Redazione e revisione:- Galeazzi Pamela, 2018/04/20, integrazione successiva
- SIAS, 2005/09/28, prima redazione in SIAS