fondo
Altre denominazioni:- Ufficiali sulla moneta poi maestri di Zecca; Zecca - Guida Generale degli Archivi di Stato
Estremi cronologici: 1314 - 1864
Consistenza: 1059 pezzi
Storia archivistica: Nonostante la sua attuale, apparente, compattezza, il fondo denominato "Ufficiali della moneta poi maestri di zecca" non ha avuto una storia lineare, essendo il risultato della riunificazione, piuttosto recente, di nuclei documentari conservati e trasmessi in maniera indipendente e separata, di cui non è sempre possibile ricostruire le vicende. Motivo principale di una tradizione tanto complessa è il fatto che la Zecca, per molti secoli, non ebbe un proprio archivio né tantomeno una propria cancelleria organizzata.
Durante il periodo repubblicano almeno una parte della documentazione dovette essere conservata presso la Camera del comune, alla quale il notaio di quelli che all'epoca erano detti Ufficiali della moneta aveva l'obbligo di versare i registri che aveva tenuto durante il suo mandato.
Una riprova di questo è data da un memoriale, compilato nel 1689 da Francesco Patriarchi, allora ministro della Camera fiscale, l'ufficio che dal 1559 aveva preso il posto della Camera del comune. Dalla relazione risulta che all'epoca nello "stanzone" sopra Orsammichele, dove si raccoglieva la documentazione più antica della Camera, vi erano carte e registri appartenenti alla Zecca.
[espandi/riduci]Questo nucleo passò poi all'archivio dei Monti nel corso del Settecento, come rivela un inventario redatto nel 1765 dove sono menzionati "libri" dal 1344 al 1542, corrispondenti con ogni probabilità, per lo meno in parte, ai registri dei notai di Zecca.
Altri insiemi di documentazione dovettero depositarsi o esser trattenuti temporaneamente presso altri uffici che si trovarono coinvolti nella gestione della Zecca, come ad esempio le cancellerie dell'Arte del Cambio e quella dei Mercanti, che nel corso del Seicento si occuparono della produzione documentaria della Zecca dal cui organico era stata eliminata la figura del notaio.
Un altro gruppo di carte, invece, quelle di natura più strettamente contabile e legate all'amministrazione corrente e alla gestione del materiale metallico e della coniazione, è probabile che si sedimentasse in maniera piuttosto confusa, senza ordine né cure particolari, presso i locali della Zecca stessa.
Nel 1740 le rendite pubbliche, Zecca inclusa, furono date in appalto a società private, ma non sembra che dal punto di vista archivistico questo abbia comportato novità determinanti.
Le cose cambiarono invece nel 1768 o immediatamente dopo. Il Granduca Pietro Leopoldo infatti in quell'anno soppresse il sistema degli appalti e nella riforma generale delle finanze che ne seguì la Zecca fu inizialmente sottoposta al secondo Dipartimento dell'Amministrazione delle Regie rendite e la sua documentazione, che ancora non comprendeva le carte che si trovavano presso l'Archivio dei monti, fu raccolta e depositata, per lo meno in parte, presso l'Archivio delle regie rendite. Qui il complesso documentario rimase anche dopo il 1786 quando la Zecca divenne un ufficio autonomo, tanto che un inventario compilato dall'archivista delle Regie rendite Alessandro Del Riccio negli anni novanta del Settecento comprende ancora filze e registri della Zecca.
Nei primissimi anni dell'Ottocento, tuttavia, si ha testimonianza di tentativi compiuti dall'allora Direttore della Zecca Giovanni Fabbroni per ricreare un archivio il più possibile organico e completo presso l'ufficio. In una richiesta del settembre 1803 rivolta ad Alessandro Del Riccio e trasmessa per tramite dell'Avvocato regio, Fabbroni riferiva di aver trovato nei locali della Zecca 397 pezzi la cui datazione incominciava dal XIV secolo e di voler perciò rintracciare tutto il restante materiale documentario sparso in depositi diversi, Regie rendite comprese. Del Riccio aveva allora risposto di avere poco materiale e comunque di non poterlo consegnare, in ottemperanza alle vigenti disposizioni di legge che anzi imponevano il versamento all'Archivio generale delle Regie rendite di tutta la documentazione amministrativa di qualunque ufficio del Granducato. Incidentalmente informava inoltre che altri atti della Zecca si trovavano presso la Cancelleria del Magistrato supremo.
L'impegno per il reperimento, la riappropriazione e l'unificazione della propria documentazione da parte della Zecca arrivò infine ad un esito positivo, tanto che in un inventario risalente alla prima metà dell'Ottocento la consistenza e l'ordinamento del fondo risultano molto simili a quelli attuali.
L'ultimo atto della complicata tradizione dell'archivio della Zecca fu rappresentato dalla consegna al Centrale di Stato, che avvenne in due volte a cura della Direzione Generale del Registro che all'epoca aveva la responsabilità sulle carte. Il versamento così bipartito determinò una nuova separazione. La prima parte dell'archivio, comprendente il materiale dal XIV secolo al 1808, fu consegnata nel 1853 e inserita tra i fondi finanziari della Repubblica, mentre la seconda parte, costituita dalle unità datate dal 1808 in poi, fu trasferita nell'aprile 1865 e probabilmente non riunificata subito con quella precedente.
Sul primo nucleo gli archivisti del Centrale si apprestarono a compiere una schedatura già dopo il versamento, come si ricava da una relazione di Luigi Passerini al Soprintendente Bonaini del 29 novembre 1856 nella quale sono nominati tra gli esecutori del lavoro il sacerdote Pietro Gabrielli, Angiolo Morelli e Passerini stesso.
La costituzione di un solo fondo risulta essere stata compiuta prima del 1891, con tutta probabilità durante la direzione di Cesare Guasti (1874-1889), che volle riorganizzare i fondi dell'Archivio di Stato sulla base non più di una separazione storico-istituzionale ma per funzioni (cfr. nota all'inventario segnato Inventario 1913, 490).
Per il completamento della schedatura del fondo, che fu portata a termine da Ferdinando Sartini, si dovettero aspettare i primi decenni del Novecento. Nel 1955, infine, fu redatto un inventario vero e proprio a cura di Guido Pampaloni.
Descrizione: Il complesso documentario prodotto e conservato dagli Ufficiali della moneta copre un arco di tempo molto lungo, dall'epoca comunale all'Unità d'Italia. Il materiale che lo costituisce, perciò, è spesso estremamente eterogeneo, rispecchiando funzioni, prassi lavorative e sistemi di organizzazione diversi a seconda delle epoche e del quadro istituzionale in cui l'ufficio si trovava ad agire. Di conseguenza anche le serie più continuative che si individuano all'interno del fondo comprendono spesso materiali diversi, difficilmente ascrivibili ad un'unica tipologia, mentre altri tipi di documenti, rimasti isolati per l'eliminazione di atti analoghi o perché acquisiti singolarmente, non sembrano rientrare in alcuna sottopartizione interna al complesso. Le irregolarità più evidenti e numerose si notano nelle serie comprendenti i materiali più antichi, mentre le serie costituitesi in epoca più moderna si presentano maggiormente unitarie e uniformi.
Numerazione: 1-1059
Limiti di accessibilità:- I nn. 1 e 79 sono consultabili rispettivamente su microfilm e su CD-Rom
Riproduzioni: Riproduzioni digitali dei nn. 1 e 79
Strumenti di ricerca:La documentazione è stata prodotta da:La documentazione è conservata da:Bibliografia:- Leopoldo Galeotti, L'Archivio Centrale di Stato nelle sue relazioni con gli studi storici in Archivio storico italiano, II (1855), pp. 61-115
Redazione e revisione:- Baggiani Valentina, 10-FEB-06, rielaborazione
- Pescini Ilaria, 09-DIC-96, prima redazione