Le società di mutuo soccorso sorsero nella seconda metà del XIX secolo dapprima nel Piemonte, quindi nel resto della penisola italiana, con lo scopo di fornire ad operai ed artigiani assistenza in caso di malattia, invalidità, disoccupazione o cessazione del lavoro. Successive alla soppressione delle corporazioni di mestiere e da taluni considerate la continuazione delle stesse, furono stimolate nella crescita dalle trasformazioni economiche e sociali conseguenti al processo di industrializzazione. Dopo la costituzione del Regno d'Italia, a seguito dell'estensione della libertà di associazione, si diffusero rapidamente e capillarmente, tanto da essere presenti nella maggior parte dei comuni e, talvolta, a rappresentanza di singoli mestieri, con più sodalizi all'interno dello stesso territorio comunale. Non mancavano le cosiddette società "riunite" o "generali" che, fin dall'inizio, raggrupparono artisti ed operai, ma anche impiegati, piccoli commercianti, insegnanti e lavoratori della terra, tutti accomunati da spirito di solidarietà e di fratellanza. La loro natura era chiaramente assistenziale, ma non mancava l'aspetto previdenziale, che si sostanziava nell'erogazione di sussidi in caso di inabilità permanente al lavoro. Alle società spettava anche il compito di promuovere l'istruzione e la moralità dei soci attraverso una serie di iniziative come conferenze, corsi serali gratuiti, letture collettive di libri e giornali che ne elevassero il livello di istruzione e le conoscenze culturali.
[espandi/riduci]Il finanziamento avveniva tramite il pagamento regolare da parte degli iscritti di una tassa di ammissione e di una tassa settimanale o con altra cadenza temporale. Nella maggior parte delle associazioni mutualistiche era presente la distinzione tra i soci in attivi o effettivi - ossia quelli che, di sana costituzione, di buona morale e praticanti un mestiere, arte o professione, contribuivano regolarmente al mantenimento della società - e i soci onorari e benemeriti, cioè coloro che, per interesse alla condizione degli operai, concorrevano, con elargizioni speciali o con contribuzioni annuali o mensili, a sostenere l'attività dei sodalizi. In alcuni di essi era ammessa anche la presenza delle donne, spesso con limitazioni del diritto a partecipare alle iniziative ed alle cariche sociali; talvolta venivano costituite delle sezioni femminili.
L'Assemblea generale, formata da tutti i soci, era l'organo di autogoverno della società: ad essa spettava qualsiasi decisione in merito agli statuti ed ai regolamenti che fissavano i principi generali di orientamento e le regole di funzionamento dei sodalizi, sia all'interno che verso l'esterno. In genere si riuniva due volte l'anno e, quando ritenuto necessario, in via straordinaria. Gli organi sociali erano costituiti da un consiglio o comitato di rappresentanza e deliberativo e da una struttura di carattere prettamente gestionale ed amministrativo. Erano previste le cariche di presidente, quale rappresentante ufficiale della società, di vicepresidente, di segretario, con compiti di natura amministrativa, di cassiere e di segretario contabile. Era inoltre prevista la presenza di un medico fiduciario, dei visitatori e delle visitatrici, che vigilavano sulle condizioni economiche dei soci e verificavano la regolarità delle richieste da essi avanzate, e di alcuni inservienti con varie mansioni.
L'attività dei sodalizi si estendeva ad iniziative di carattere sociale, economico e morale, volte sempre al miglioramento delle condizioni di vita delle classi meno abbienti. Venivano organizzati corsi di alfabetizzazione per i soci, aperti rivendite di generi alimentari e dispensari famaceutici, costruite infrastrutture, istituite sezioni per il credito.
Tali associazioni, largamente influenzate nella loro prima fase dal repubblicanesimo e da Mazzini, che nel 1864 elaborò il loro Patto di fratellanza, persero il loro importante ruolo sociale agli inizi del Novecento, col diffondersi di nuove forme organizzative fortemente ideologizzate in senso socialista o cattolico, come i sindacati, le cooperative e le leghe di resistenza e con l'affermarsi della legislazione sociale.
Dal punto di vista legale queste associazioni non ebbero, fino al 1886, alcuna legge specifica che ne regolasse il funzionamento. La loro organizzazione e gestione era in realtà affidata e demandata a filantropi e benefattori, ad agitatori e uomini politici. Il primo intervento normativo, di cui fu lamentato lo scarso successo, fu la legge n. 3818 del 15 aprile 1886 che autorizzava il riconoscimento giuridico delle società a titolo volontario in cambio di agevolazioni e vantaggi. Significativo fu, inoltre, il ruolo svolto dalla legislazione fascista che tese a limitare, controllare ed incanalare l'attività delle società. La pressione del governo fu esercitata favorendo i processi di fusione di più associazioni, obbligandole alla revisione degli statuti, rielaborati sulla base di modelli predisposti dalle istituzioni centrali, e intervenendo spesso con il commissariamento dei sodalizi o con la loro soppressione. Nel 1925 fu abolita la Federazione italiana delle società di mutuo soccorso e successivamente fu favorito l'assorbimento delle associazioni nelle mutue sindacali fasciste.
Numerose società di mutuo soccorso sono, comunque, sopravvissute al fascismo e, ancora oggi, sono attive e presenti nel panorama nazionale con i loro principi di solidarietà e di associazionismo, testimoniando l'importante ruolo svolto ai primordi della storia del movimento operaio. In numerosi casi conservano intatto il loro patrimonio immobiliare, documentario e bibliografico.
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