fondo
Estremi cronologici: 1343 - 1502
Consistenza: 4229 registri
Storia archivistica: Indipendentemente dalla magistratura che le ha prodotte, le carte giudiziarie del periodo repubblicano hanno avuto una storia archivistica molto compatta e, per così dire, solidale, risentendo piuttosto della distinzione, tipica della cultura giuridica di antico regime, fra atti civili e atti criminali. Dunque, le carte dei Capitani del popolo - e, in generale, dei magistrati forestieri che a Firenze amministravano la giustizia - al termine del mandato di ciascun giusdicente venivano consegnate al notaio custode degli atti della Camera del comune.
Era prassi che i notai della "famiglia" del magistrato uscente redigessero un inventario minuzioso in cui veniva annotato il numero dei registri consegnati - con l'indicazione delle carte scritte e di quelle bianche -, la presenza o meno di fascicoli o carte sciolte raccolte in filze e, infine, la segnalazione di tutti i processi ancora pendenti. Pertanto, le carte dei Capitani del popolo si sono sedimentate, contestualmente alla loro produzione, presso l'archivio della Camera del comune situato nel Palazzo del podestà, nei cui depositi subirono il disastroso incendio del 1343, scoppiato a seguito dei tumulti che portarono alla cacciata del Duca d'Atene, quando andarono distrutti i locali della Camera e le carte in essi contenute. In epoca medicea gli atti delle magistrature giudiziarie passarono alla Camera e Auditore fiscale, l'ufficio che aveva le competenze della Camera del comune. Nel provvedimento con cui il 28 novembre 1559 il duca Cosimo dette avvio alla riforma della Camera, si faceva esplicito riferimento alla tenuta delle carte in essa conservate, tra le quali si trovano menzionate "le scritture pubbliche pertinenti alle Cause civili, e Miste, Atti, Processi, e Sentenze date nella Corte del Podestà, et Auditori di Ruota, e di altri Magistrati, et ancora alle Cause criminali [...]". Da un punto di vista pratico la riforma non provocò cambiamenti sostanziali, poiché ribadiva per i giusdicenti l'obbligo di consegnare il materiale documentario secondo la prassi invalsa fino ad allora.
[espandi/riduci]Significativi furono invece i cambiamenti apportati dalle riforme giudiziarie del periodo leopoldino ed in particolare dal 1777 quando fu creato il Supremo tribunale di giustizia cui il Granduca assegnò, tra le altre, la funzione di deposito degli atti penali. La documentazione giudiziaria di tipo civile, invece, venne allora affidata al Magistrato supremo.
Notizie successive si hanno per il 1802, quando, secondo una nota di Lorenzo Cantini, gli atti giudiziari sia civili sia penali, a prescindere dal luogo in cui erano materialmente custoditi, risultavano nel loro complesso di competenza del Magistrato Supremo.
Pochi anni più tardi, durante il breve periodo della dominazione francese, la custodia degli archivi giudiziari fiorentini passò al cancelliere della Corte d'appello. Dal punto di vista della conservazione, nonostante le disposizioni di legge emanate al riguardo, i fondi non furono mai accorpati agli altri complessi archivistici prodotti nel corso della storia dello Stato fiorentino e allora riuniti nel Bureau d'archives générales - poi Conservation générale des archives de Toscane -, creato il 20 maggio 1808 e posto sotto la direzione di Luigi Lustrini. È presumibile tuttavia che durante gli anni della dominazione francese, la documentazione giudiziaria incominciasse a concentrarsi in alcuni storici locali fiorentini come il Teatro Mediceo e spazi attigui degli Uffizi dove successivamente sarebbe stata trovata una parte del deposito degli atti civili.
Tra il 1809 e il 1810, infatti, Lustrini richiese ed ottenne dal maire di Firenze proprio l'ampia sala del Teatro che comunicava con quei locali della fabbrica vasariana dove già erano conservate le carte entrate a far parte del Bureau e che l'archivista intendeva sfruttare come deposito di documentazione.
Venuto meno l'impero napoleonico, con la Restaurazione fu abolito ogni provvedimento preso dal governo francese anche in materia di archivi. Tutte le carte perciò avrebbero dovuto essere restituite agli uffici di competenza, sorte che tuttavia non toccò ai documenti di carattere giudiziario per non essere di fatto mai confluiti nella Conservation générale allora abolita.
Negli anni cinquanta dell'Ottocento, prima del suo arrivo al Centrale di Stato, l'insieme degli archivi giudiziari prodotti dall'età repubblicana in poi risulta esser stato di competenza della Presidenza della Corte regia d'appello di Firenze (organo istituito con motuproprio del 2 agosto 1838). Per quanto riguarda la collocazione degli atti, invece, vi era una distinzione di sedi a seconda che attenessero alla giustizia civile o a quella criminale. I primi, infatti, erano depositati nell'ex chiesa di San Pier Scheraggio e nel Teatro Mediceo situato nella fabbrica vasariana degli Uffizi, i secondi, invece, erano custoditi nel palazzo del Bargello, allora detto degli Otto o del Podestà. Le carte giudiziarie che datavano a partire dall'epoca comunale giunsero dunque al Centrale di Stato grazie a due principali versamenti avvenuti in momenti diversi, il primo (1853) riguardante gli atti civili (tra cui, per il periodo repubblicano, parte di quelli di Podestà, Capitano del popolo, Esecutore degli ordinamenti di giustizia, Magistrato dei pupilli e Tribunale della Mercanzia), il secondo (1855) relativo agli atti criminali (fra i quali le rimanenti carte di Podestà, Capitano ed Esecutore e quelle degli Otto di guardia e balìa). In entrambi i casi, secondo le disposizioni del soprintendente Francesco Bonaini, la documentazione del periodo repubblicano fu enucleata dal resto delle carte giunte in archivio e destinata alla sezione denominata "archivio storico" del Centrale di Stato, dove presumibilmente fu organizzata per magistrature conservando la distinzione fra tipologie (atti civili o criminali) all'interno di ciascuna aggregazione.
Dopo l'unità d'Italia si verificarono ulteriori versamenti, di entità minore, che in genere andarono ad integrare alcuni dei fondi già costituiti, tra cui quelli del Podestà, del Capitano del popolo e dell'Esecutore degli ordinamenti di giustizia.
Intorno alla metà degli anni Settanta dell'Ottocento, all'epoca in cui fu direttore Cesare Guasti, i fondi dell'Archivio furono riorganizzati e ricollocati secondo una logica di tipo funzionale. In tal modo tutte le carte prodotte dalle magistrature giudiziarie fiorentine furono riaggregate in successione cronologica dal periodo repubblicano fino alla produzione più recente. Così, a partire dal 1876 tali fondi vennero a far parte della Divisione VIII dell'Archivio di Stato fiorentino relativa all'amministrazione della giustizia, finché agli inizi del Novecento i giudiziari preunitari vennero estrapolati da tale contesto e collocati nella sezione IV (archivi finanziari e giudiziari della Repubblica e del Principato), salvo l'eccezione dell'archivio del Magistrato dei pupilli che venne collocato nella sezione V, insieme ai fondi degli enti di assistenza e delle compagnie religiose soppresse.
Tra gli anni dieci e venti del Novecento venne completata la redazione di alcuni inventari delle carte giudiziarie del periodo repubblicano, la cui schedatura era già stata avviata presumibilmente subito dopo l'arrivo della documentazione all'Archivio Centrale. L'intervento sul fondo del Capitano del popolo venne curato tra il 1912 e il 1913 da Umberto Dorini e l'inventario che ne risultò, in due volumi, è tuttora in uso.
L'ultimo evento che colpì il fondo documentario del Capitano del popolo e la maggior parte di quelli delle altre magistrature giudiziarie repubblicane, fu l'alluvione del 1966. La documentazione riportò danni molto gravi, ma grazie agli interventi di recupero, riconoscimento e restauro, in cui ebbe un ruolo fondamentale il Commettee for the Rescue of Italian Art (CRIA), si riuscirono a reintegrare molte unità tanto che oggi è consultabile la gran parte del materiale. Nonostante ciò, l'evento determinò uno stravolgimento nella struttura del fondo, che allo stato attuale corrisponde solo in parte alla situazione rappresentata dall'inventario del 1912-13. Molti pezzi, infatti, risultano oggi non più reperibili e altri, smembrati per il riconoscimento e il restauro, sono stati successivamente riassemblati in maniera diversa dall'originale. I registri o i frammenti recuperati cui non è stato possibile restituire la collocazione primitiva sono stati riuniti nell'Appendice.
Descrizione: Il fondo comprende la documentazione prodotta dai Capitani del popolo che venivano chiamati a Firenze, insieme alle proprie "famiglie" di giudici, notai, e uomini armati per amministrarvi la giustizia. Le unità sono riunite per capitani, secondo la successione cronologica dei loro incarichi. Per ogni magistrato gli atti sono distinti per tipologia giudiziaria (quasi sempre è presente la separazione tra "Acta criminalia" e "Acta civilia" cui si aggiungono spesso le categorie "Offitium Camerae et gabellae", "Offitium extraordinariorum", "Varia"), e, in genere, all'interno di questa partizione principale, in base ai quartieri cittadini.
I registri sono molto vari per contenuto, rispecchiando le diverse fasi del procedimento giudiziario. In particolare vi sono i registri, per lo più cartacei, riguardanti l'istruttoria e quelli di sentenze che invece sono in genere pergamenacei.
Gli atti preparatori sono differenti a seconda che il processo muovesse "per accusationem", sulla base cioè di una denuncia presentata dalla parte lesa, o "per inquisitionem", in cui era il giudice ad attivarsi ex officio e a ricercare le prove.
Varie, dunque, anche le tipologie di atti: "libelli" di accuse, di inchieste, di prosecuzioni, di testimonianze a difesa/a offesa, di querele, di sentenze ecc.
Oltre a ciò, è possibile individuare altri tipi di documentazione, come ad esempio gli inventari degli atti e registri che il capitano versava alla Camera del comune alla fine del suo incarico.
Numerazione: Numerazione di corda unica per tutto il fondo: 1-4205. L'Appendice ha numerazione propria: 1-24
Limiti di accessibilità:- Un numero consistente di unità, di cui è dato l'elenco nelle "Avvertenze" introduttive degli strumenti di ricerca disponibili in sala di studio, non è accessibile perché alluvionato.
Alcuni pezzi, tuttavia, possono essere eccezionalmente consultati, previa autorizzazione del funzionario responsabile del settore.
Strumenti di ricerca:Siti web:La documentazione è stata prodotta da:La documentazione è conservata da:Bibliografia:- Stefano Vitali, L'archivista e l'architetto: Bonaini, Guasti, Bongi e il problema dell'ordinamento degli Archivi di Stato toscani in Salvatore Bongi nella cultura dell'Ottocento. Archivistica, storiografia, bibliologia. Atti del convegno nazionale, Lucca, 31 gennaio-4 febbraio 2000, a cura di Giorgio Tori, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale per gli archivi, 2003, pp. 519-564
- Laura Baietto, Scrittura e politica. Il sistema documentario dei comuni piemontesi nella prima metà del secolo XIII in Bollettino storico-bibliografico subalpino, XCVIII/2, 2000, pp. 473-528
- Mario Sbriccoli, "Vidi communiter observari". L'emersione di un ordine penale pubblico nelle città italiane del secolo XIII in Quaderni fiorentini, XXVII, 1998, pp. 231-268
- Giuseppe Pansini, Dalla Repubblica fiorentina alla fine del Granducato. Gli archivi tra amministrazione e cultura in L'Archivio di Stato di Firenze, a cura di Anna Bellinazzi, Rosalia Manno Tolu, Fiesole, Nardini, 1995, pp. 27-38
- Francesca Klein, Tribunali civili e criminali in L'Archivio di Stato di Firenze, a cura di Anna Bellinazzi, Rosalia Manno Tolu, Fiesole, Nardini, 1995, pp. 107-113
- Dagli Uffizi a piazza Beccaria in Rassegna degli Archivi di Stato, XLVII/2-3, 1987, pp. 429-436
- Antonio Panella, Gli archivi fiorentini durante il dominio francese (1808-1814), Firenze, Tipografia Giuntina, 1911
- Napoleone Vazio (a cura di), Relazione sugli Archivi di Stato italiani (1874-1882), Roma, Tipografia L. Cecchini, 1883, pp. 205-239
- Lorenzo Cantini (a cura di), Legislazione toscana, Firenze, Nella Stamperia Albizziniana per Giuseppe Fantosini, 1800-1808, III, pp. 333-334
Redazione e revisione:- Baggiani Valentina, 26-GIU-05, rielaborazione
- Bettio Elisabetta, 2020/05/07, revisione
- Sabbatini Maura, 24-FEB-97, prima redazione
- Valgimogli Lorenzo, 16-MAG-02, rielaborazione