Mentre si delineavano le sorti della seconda guerra mondiale, partiti e gruppi politici dei vari paesi d'Europa occupati dalle truppe tedesche si riunivano in comitati, detti di liberazione nazionale, per resistere all'occupante; cessata l'occupazione militare, i comitati costituirono la base politica dei governi nazionali.
La situazione italiana di quel periodo si presentava assai complessa per la diversità delle condizioni determinatesi rispettivamente nei territori del sud e del nord del paese quando, il giorno successivo all'annuncio dell'armistizio con le Nazioni alleate dell'8 settembre 1943, i rappresentanti dei partiti antifascisti decisero di unirsi in comitati di liberazione "per chiamare gli italiani alla lotta e alla resistenza e per conquistare all'Italia il posto che le compete nel consesso delle nazioni libere".
Per raggiungere questo scopo e liberare la parte dell'Italia occupata dopo l'armistizio dai tedeschi e nella quale fu ricostituito lo stato fascista con la denominazione di Repubblica sociale italiana, i comitati di liberazione nazionale, articolati in comitati regionali, provinciali, comunali, rionali, aziendali, agirono in due diverse direzioni: al sud come forza politica operante per l'evoluzione democratica dello stato; al nord come forza che lottava, sotto la direzione del Comitato di liberazione nazionale dell'Alta Italia (CLNAI), per la cacciata dei tedeschi, l'abbattimento del regime fascista e l'instaurazione dello stato democratico.
[espandi/riduci]Nell'Italia del sud i CLN stettero inizialmente all'opposizione, conseguendo notevoli risultati; il re, infatti, accettò di ritirarsi nominando luogotenente il figlio Umberto, al quale i poteri furono trasferiti nel giorno dell'ingresso delle truppe alleate a Roma. Esponenti del CLN entrarono, inoltre, a far parte del terzo governo Badoglio, nominato il 22 aprile 1944, concordando alcuni principi fondamentali da porre alla base del nuovo governo: l'impegno a rimettere al popolo la decisione sulla forma definitiva dello stato; il conferimento di ampie potestà al nuovo governo, compresa quella legislativa; il cambiamento della formula di giuramento dei ministri. Il decreto legislativo luogotenenziale del 25 giugno 1944, n. 151, sanciva questi principi, emanando una sorta di costituzione provvisoria che rese possibile la restaurazione del regime democratico, così come si auspicavano le forze del CLN centrale. I governi che si susseguirono fino alla convocazione dell'Assemblea costituente furono governi di coalizione che esprimevano la funzione di mediazione politica esercita dal CLN tra i partiti antifascisti. Anche nella Consulta nazionale, istituita con decreto legislativo luogotenenziale del 5 aprile 1945, n. 146 con il compito di dare pareri sui provvedimenti legislativi ed in particolare in materia elettorale, il CLN inviava rappresentanti dei sei partiti che lo costituivano. I CLN del sud, dunque, non operarono né contro né all'interno dello Stato monarchico, ma ne formarono la base politica nel periodo di transizione dall'armistizio alla Costituente.
Al nord, al contrario, l'azione delle stesse forze politiche assunse una valenza rivoluzionaria, che si espresse innanzitutto in azioni di sabotaggio e di guerriglia condotte localmente dai CLN comunali e provinciali. Poi, nel gennaio del 1944, il CLN di Milano si costituì in Comitato di liberazione nazionale dell'Alta Italia divenendo il centro della Resistenza ed ottenendo dal CLN centrale la delega a rappresentare l'intera Italia settentrionale.
Il CLNAI ebbe un'organizzazione varia e complessa. Sul piano militare fu costituito il Corpo Volontari della Libertà; sul piano politico-amministrativo agirono organismi di governo che provvidero oltre che alle esigenze della lotta, alla legislazione, all'amministrazione e alla giurisdizione, tutte le volte che l'andamento della lotta lo consentisse o lo richiedesse. Non furono infatti rari i casi di intere zone sottratte per notevoli periodi di tempo al potere ufficiale della Repubblica sociale italiana; un vero e proprio apparato di governo entrò, poi, in funzione quando l'insurrezione dell'aprile 1945 liberò la Valle Padana. Questa volta il CLNAI assunse il potere secondo specifiche disposizioni di legge del Regno d'Italia, essendo stato delegato a rappresentare il governo nella lotta contro il nemico in forza del decreto legislativo luogotenenziale del 28 febbraio 1945, n. 73.
L'attività così differenziata svolta dai CLN su tutto il territorio nazionale rende complessa la definizione della loro natura giuridica e delle caratteristiche della documentazione da essi prodotta.
I CLN sono stati organizzazioni politiche perché costituiti da partiti e gruppi con il fine politico della restaurazione dello stato democratico; l'ampiezza di questo scopo ha reso possibile l'unione di opposte correnti politiche e la coerenza di azioni diversissime nelle due zone del territorio nazionale. I CLN non sono stati organi perché non appartenenti ad altri enti, bensì associazioni politiche di secondo grado perché composte di altre associazioni quali erano i partiti e gli altri raggruppamenti che in essi convenivano. L'azione dei CLN si è svolta in modo costantemente autonomo, dalla formazione allo scioglimento, decretato quando essi stessi ebbero ritenuto di aver raggiunto i loro fini.
Tutto ciò, dunque, fa concludere per la natura politica dei CLN stessi.
Questa politicità, tuttavia, non ne ha limitato l'azione volta alla formulazione di programmi, allo svolgimento dell'attività di partito in senso stretto perché i CLN hanno direttamente posto in essere quelle iniziative che erano alla base della formazione del governo e dell'evoluzione della legislazione. Tuttavia, mancando l'inquadramento giuridico delle forze politiche e quindi la presenza di una maggioranza e di una minoranza, le determinazioni politiche dei CLN furono frutto di accordo e come tali furono assunte a fondamento delle manifestazioni di volontà dello Stato da parte degli uffici pubblici competenti e nelle forme prescritte. La loro stessa natura politica spiega pure come essi possano aver potuto perseguire il fine del rinnovamento democratico dello Stato italiano sia alla base dell'organizzazione statale, come è avvenuto nel sud, sia contro il potere ufficialmente costituito come è accaduto nel nord.
E' rilevante, infine, il problema della riferibilità allo Stato degli atti dei CLN. Trattandosi di associazioni politiche non inquadrate nell'ambito dell'organizzazione statale, dovrebbe negarsi la possibilità di riconoscere come atti dello Stato gli atti dei CLN. Il problema, in realtà, è limitato agli atti dei CLN del nord, perché quelli del sud assunsero iniziative politiche che produssero effetti pratici in quanto tradotti in atti formali dello Stato. Per i CLN del nord la situazione è complessa perché essi esercitarono funzioni di governo durante il periodo della lotta e dopo l'insurrezione ed agirono dapprima coerentemente all'indirizzo politico del governo legittimo del sud e poi per delega espressa, con il decreto già citato n. 73 del 1945. Poiché il decreto delegava genericamente la rappresentanza del governo "nella lotta contro il nemico" al CLNAI e poiché i rapporti tra quest'ultimo ed il governo legittimo furono frequenti, può ritenersi che questa delega si potesse riferire alla lotta per la liberazione quale si stava svolgendo, si era svolta e sarebbe stata svolta. In questi limiti sembra dunque volersi riconoscere la riferibilità allo Stato degli atti del CLNAI e degli organismi ad esso collegati. Si pone così un problema di interpretazione, che dovrà essere risolto caso per caso, accertando se l'atto del CLN rientri nei limiti delle esigenze della lotta, e tale deve considerarsi anche l'atto di governo posto in essere a seguito di vicende della lotta o dell'insurrezione per supplire alle deficienze di funzione pubblica ordinaria che la lotta stessa aveva determinato.
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